danni organici da PESTICIDI

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  1. Centro Benessere Kundalini
     
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    danni organici da PESTICIDI
    Il lavoro agricolo ha subito negli ultimi decenni delle radicali trasformazioni legate allo sviluppo tecnologico e meccanico ed al sempre più massivo impiego di sostanze chimiche. Se la "industrializzazione" del lavoro agricolo ha consentito l'acquisizione di notevoli vantaggi per quanto concerne la gravosità del lavoro e l'aspetto economico, ha portato anche alla comparsa di nuovi fattori di rischio nei confronti dei quali spesso i lavoratori agricoli non sono adeguatamente preparati. Tale situazione è particolarmente importante nei paesi ad elevato sviluppo dove si è assistito all'incremento di nuovi fattori di rischio fisici e chimici. Al contrario il rischio da agenti biologici che in passato era di esclusivo appannaggio del lavoro agricolo è oggi condiviso anche dal settore industriale addetto alla trasformazione dei prodotti agricoli.
    Il lavoro agricolo espone l'individuo ad una vasta gamma di rischi, in parte caratteristici del comparto, in parte comuni ad altri comparti lavorativi compreso quello industriale (riparazione di macchinari, applicazione di pesticidi, operazioni di pittura di manufatti etc) con possibilità di entrare in contatto con agenti fisici e chimici potenzialmente lesivi quali pesticidi, solventi, benzine, oli minerali, polveri.
    La multifattorialità dei rischi e la molteplicità delle modalità di esposizione rendono molto complesso l'approccio metodologico nello studio delle patologie derivanti dalle lavorazioni agricole. Esistono difficoltà legate sia alla estrema dispersione nel territorio delle aziende, per la maggior parte a conduzione familiare, alla non capillare diffusione delle strutture sanitarie periferiche, alla bassa compliance della popolazione lavorativa correlabile tra l'altro alla scarsa informazione fornita sulle problematiche relative ai fattori di rischio ed alla loro prevenzione.
    La tutela della salute dei lavoratori agricoli dipende da alcune caratteristiche proprie dell’organizzazione del lavoro agricolo e dell’ambiente di lavoro (TAB 1). La determinazione spaziale e temporale dell'ambiente di lavoro non è semplice così come non la è la distinzione tra attività svolta fuori dall'ambiente proprio del lavoro, secondo le vigenti legislazioni, e quella esercitata al proprio domicilio ma con finalità di lavoro. L'orario di lavoro (nell'industria limitato generalmente ad un terzo della giornata) è estremamente variabile ed è legato a fattori stagionali e di tipologia lavorativa. Il tipo di esposizione dei lavoratori agricoli è inoltre caratterizzato dalla discontinuità e dalla diffusione ad addetti a mansioni differenti a causa della intercambiabilità dei ruoli lavorativi.
    Tab 1 - Organizzazione del lavoro agricolo
    • Anomala regolazione dei periodi di lavoro e di riposo con sovraccarico psicofisico
    • Carichi di lavoro obbligati, legati ai cicli naturali di produzione ed irregolarità del numero delle ore lavorative
    • Coincidenza tra ambiente di vita e ambiente di lavoro con esposizione ai fattori di rischio di tutti i componenti del nucleo familiare
    • Condizioni igienico-sanitarie
    • Cumulo delle mansioni
    • Dispersione nel territorio degli operatori
    • Impiego di personale avventizio
    • Riduzione dell'attività fisica.


    RISCHI LAVORATIVI IN AGRICOLTURA
    I rischi cui il lavoratore agricolo è esposto, sono numerosi, di diversa entità e soprattutto variabili in rapporto alla zona interessata, al tipo di coltivazione, ai mezzi meccanici impiegati, al tipo di conduzione aziendale. I rischi più specifici sono il rischio biologico ed il rischio tossico da pesticidi, per tutti gli altri rischi (es. rumore) si consiglia di consultare le dispense relative.
    RISCHIO BIOLOGICO (TAB 2)
    Il terreno è il serbatoio finale e comune dei residui prodotti dagli esseri umani e dei rifiuti di sostanze organiche del mondo animale sia che vi vengano introdotti artificialmente o che vi penetrino spontaneamente. Ancora nel terreno i microrganismi vivono, si moltiplicano e svolgono il loro ciclo biologico e possono trasmettersi all’uomo. Anche gli animali costituiscono un veicolo di trasmissione di agenti patogeni diversi all’uomo: annualmente è colpito da zoonosi non meno del 10 % della popolazione. Il lavoratore agricolo i cui ritmi lavorativi e di vita sono strettamente legati al terreno ed agli animali, è soggetto, più di altre categorie, a subirne gli effetti patogeni sia per contatto diretto che per contagio indiretto, oppure può rappresentare l'anello di una complicata catena di eventi che caratterizzano il ciclo vitale di un parassita. Si consiglia la consultazione di testi specifici per una adeguata trattazione delle singole patologie.
    TAB. 2- PATOLOGIE INFETTIVE IN AMBIENTE AGRICOLO
    Affezioni virali Affezioni da rickettsie
    arbovirus tifo esantematico, febbre bottonosa etc.
    rabbia psittacosi
    afta epizootica febbre Q
    Affezioni batteriche Infezioni da spirochete
    tetano salmonellosi leptospirosi
    carbonchio campilobatteriosi febbre ricorrente
    brucellosi listeriosi
    morva yersiniasi
    tularemia mal rossino
    Micosi Patologie protozoarie Infestazioni
    malaria nematodi (anchilostomiasi,
    toxoplasmosi trichinosi)
    leishmaniosi cestodi (tenia solium,t. saginata,
    echinococcosi)

    ESPOSIZIONE A SOSTANZE CHIMICHE IN AGRICOLTURA
    Le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura possono essere suddivise, in base alla loro azione in fertilizzanti e pesticidi..
    I fertilizzanti sono prodotti minerali e organo-minerali, utilizzati per migliorare la fertilità dei terreni e favorire lo sviluppo delle colture. La Legge 748 del 19/10/1984 li divide in: concimi (capaci di fornire alle colture gli elementi necessari per l’accrescimento), ammendanti e correttivi (utilizzati per modificare e migliorare le caratteristiche del terreno) (TAB. 3).
    TAB. - 3 Classificazione dei concimi secondo la L.748 del 19/10/1984.
    Organici: letame, guano, polvere d'ossa, torba, terriccio
    Inorganici: Semplici Azotati(nitrati, solfato di ammonio, calcio,
    cianamide, soluzioni ammoniacali)
    Fosfati (superfosfati, fosforite, scorie
    Thomas, fosfato bisodico)
    Potassici
    Oligo fertilizzanti (contengono Br, Mn, Cu,
    Zn, Co, Mo, I)
    Complessi: Fosfoazotati
    Azotopotassici
    Fosfoazotopotassici
    I pesticidi sono un gruppo assai eterogeneo di sostanze utilizzate, in massima parte in agricoltura, per proteggere i raccolti dalle avversità biotiche e abiotiche (insetti, acari, fanerogame infestanti, molluschi etc). Sono presenti sul mercato circa 700 principi attivi con 8000 formulati, nella composizione dei quali entrano a far parte altre sostanze tossiche quali i solventi. I pesticidi sono generalmente dotati di una elevata tossicità intriseca, in quanto la loro funzione primaria è quella di eliminare le specie indesiderate. I composti dotati di scarsa selettività di specie possono risultare nocivi anche per l'uomo.
    Molti sono i vantaggi derivanti dall'uso dei diversi pesticidi: sociali ed economici derivanti dall'aumento della produzione agricola e di salute pubblica: l’eradicazione di patologie della malaria è solo uno dei tanti possibili esempi. A fronte dei vantaggi sono però da citare gli effetti indesiderati per la salute legati sia alla esposizione dei lavoratori alle diverse sostanze che alla contaminazione dell'ambiente, dei cibi e delle acque da parte dei residui e dei metaboliti dei pesticidi. Ogni anno nel nostro paese sono numerose le richieste di intervento ai centri antiveleni per avvelenamenti da sostanze chimiche utilizzate in agricoltura. Nel solo 1997 i due centri antiveleni della capitale hanno registrato più di 500 casi di avvelenamento.
    I pesticidi più usati in Italia sono i composti organici fosforati ed i carbammati tra gli insetticidi, zolfo, polisolfuri, solfato di ferro e composti rameici tra i fungicidi, carbammati, tiocarbammati, triazine, dipiridilici e derivati degli acidi carbossilici e fenofenossi-carbossilici tra gli erbicidi, i cumarinici tra i rodenticidi.
    Per quanto riguarda gli aspetti legati alla sicurezza e alla tutela della salute dei lavoratori agricoli tale aspetto ben si inquadra nel contesto legislativo attualmente in vigore nel nostro Paese, rappresentato sostanzialmente dalle novità introdotte con il D.Lgs. 626/94 e successive modifiche e integrazioni (esplicitate essenzialmente nel D.Lgs. 242/96), con il quale l’Italia si allinea ai principi in materia propri dell’Unione Europea. D’altra parte il legislatore ha mostrato di prestare attenzione particolare all’agricoltura anche in ambito assicurativo, estendendo da 21 a 27 il numero delle malattie occupazionali previste dall’ultima tabella relativa alle malattie professionali in agricoltura.


    CLASSIFICAZIONE DEI PESTICIDI
    Varie e diverse sono le possibili classificazioni adottabili per i pesticidi in quanto esse possono basarsi su differenti criteri:
    • destinazione d’uso (agente contro cui sono diretti);
    • tossicità;
    • struttura chimica.
    I pesticidi possono essere classificati sia in funzione dell’agente contro cui è diretta la loro azione (crittogame parassite, insetti, acari, nematodi, molluschi, roditori ed insettivori, fanerogame superiori infestanti/parassite) sia in funzione della loro struttura chimica (Tab. 5). Essi sono stati poi classificati in funzione della tossicità. Fin dal 1975 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) proponeva una loro classificazione in tal senso, utilizzando come elemento di riferimento la dose di principio attivo in grado di uccidere il 50% di animali di laboratorio (ratti), cioè la DL50 espressa in mg/kg di peso corporeo; ne derivano 4 classi (Ia, Ib, II e III) di tossicità decrescente considerando due vie di penetrazione, orale e percutanea (Tab. 6). Il NIOSH (National Institute of Occupational Safety and Health) ha classificato i pesticidi secondo il criterio tossicologico in 3 categorie (I, II e III) di tossicità decrescente (Tab. 7), che considerano la DL50 e la possibilità di provocare effetti cutanei (corrosione o irritazione) e corneali (opacità).
    In Italia, il riferimento normativo essenziale resta a tutt’oggi il D.P.R. del 3 agosto 1968 n. 1255 “Regolamento concernente la disciplina della produzione, del commercio e della vendita di fitofarmaci e dei presidi delle derrate alimentari immagazzinate in cui i pesticidi sono classificati in 4 classi di tossicità decrescente secondo il criterio della DL50 su parere di una Commissione Consultiva costituita presso il Ministero della Sanità.

    Più recentemente la legislazione in materia si è allineata con le direttive comunitarie emanando il D.P.R. del 24 maggio 1988 n. 223 “Attuazione delle direttive CEE numeri 78/631, 81/187 e 84/291 concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi (antiparassitari), ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183”. Secondo le disposizioni legislative contemplate in tale decreto, i pesticidi vengono classificati in 2 classi (tossici e nocivi) in funzione, oltre che del valore della DL50, anche di quello relativo alla concentrazione del principio attivo che provoca la morte nel 50% dei ratti a seguito di inalazione di 4 ore (CL50). Più precisamente: la tossicità dei composti solidi e liquidi viene valutata in funzione della DL50 dopo somministrazione orale su ratti e dopo penetrazione cutanea su ratti e conigli mentre la tossicità dei composti gassosi viene valutata in funzione della CL50 dopo somministrazione per inalazione della durata di 4 ore.
    Viene proposta inoltre una classificazione mediante calcolo degli antiparassitari contenenti una e più sostanze attive.

    INSETTICIDI
    INORGANICI (arseniti e arseniati, HCN, etc.)

    ORGANOFOSFORICI (parathion, malathion, azinfos, etc.)
    ORGANO CLORATI (DDT, lindano, aldrin, dieldrin, etc.)
    CARBAMMATI (carbaryl, isolan)
    OLI MINERALI
    IDROCARBURI ALOGENATI (bromuro di metile, dicloroetano, etc.)
    INSETTICIDI DI ORIGINE VEGETALE (nicotina, piretro, rotenone)
    ALTRI (solfuro di carbonio)
    FUNGICIDI
    INORGANICI (zolfo, polisolfuri, solfato di ferro, derivati del rame)
    COMPOSTI DEL MERCURIO
    ORGANO-STANNICI
    CLOROBENZOLI (quintozene, esaclorobenzene)
    CARBAMMATI E DITIOCARBAMMATI (vapam, zineb, ziram, maneb)
    TIOFTALIMIDI (captan, phaltan)
    ALTRI (dodina, dinocap)
    MOLLUSCHICIDI
    INORGANICI (solfato di rame)
    ORGANICI (metaldeide, pentaclorofenolo, acetati alchilstannici)
    RODENTICIDI
    INORGANICI (solfato di tallio, fosfuro di zinco)
    CUMARINICI (warfarin)
    VEGETALI (solfato di stricnina, derivati della scilla)
    AZOORGANICI (norbomide, antu)
    FLUOROACETATO DI SODIO E FLUOROACETAMIDE
    ACARICIDI
    SOLFONATI ED ESTERI SOLFONICI (tetradifon, fenson e clorofenson)
    CLORURATI ORGANICI (dicofol)
    ERBICIDI
    INORGANICI (clorato di sodio, arseniti)
    DERIVATI DEGLI ACIDI CARBOSSILICI E FENOSSICARBOSSILICI
    (2,4-D, 2,4,5-T, MCPA, dalapon)
    CARBAMMATI E TIOCARBAMMATI (diallate, trallate, atrazina)
    DERIVATI DELL’UREA (linuron)
    DIAZINE, TRIAZINE E TRAZOLI (amitrolo, simazina, atrazina)
    DIPIRIDILICI (diquat, paraquat)
    NITRO E CLORO-FENOLI (DNOC, dinoseb, pentaclorofenolo)
    DERIVATI NITRILICI (diclobenil)
    AMMINE (trifluralin).
    La penetrazione del pesticida nell’organismo può avvenire per via orale, per via cutanea e per via inalatoria. L’esposizione per via orale si verifica di solito, incidentalmente a seguito di una probabile negligenza da parte dell’operatore anche nelle sue forme più banali come soffiare in un beccuccio dell’erogatore quando questo risulta intasato, fumare o assumere alimenti durante il lavoro o mangiare prodotti ortofrutticoli recentemente trattati. La gravità e le conseguenze della esposizione sono in relazione alla tossicità della sostanza e alla dose assorbita. L'intossicazione avviene più frequentemente per via cutanea: può avvenire durante l’applicazione del prodotto e nelle precedenti fasi di manipolazione o miscelazione e nella pulizia dei macchinari. Polveri presenti sui materiali utilizzati, polveri bagnate e pesticidi liquidi possono essere assorbiti attraverso la cute. Assorbimento per via cutanea si riscontra anche durante la raccolta di prodotti ortofrutticoli. La gravità dell'intossicazione è legata alla tossicità cutanea del pesticida, alla quantità assorbita (differente per le diverse parti del corpo), all’estensione dell’area cutanea contaminata, al tempo in cui il materiale è rimasto a contatto con la pelle e alla quantità di pesticida entrato in contatto con la pelle. I pesticidi possono essere poi assorbiti per via respiratoria per inalazione di vapori, di polveri o di particelle vaporizzate. L’inalazione è molto grave nel caso di pesticidi volatili e può essere connessa anche alla respirazione di fumi provenienti da contenitori incendiati o nella applicazione effettuata senza dispositivi di protezione. Inoltre l’esposizione per via inalatoria può avvenire durante la fase di miscelazione e di versamento negli appositi macchinari degli stessi pesticidi. La via inalatoria è la via più comune nelle coltivazioni in serra.
    L’eterogeneità delle sostanze e dei prodotti utilizzati dai lavoratori agricoli rende difficoltosa l’esatta quantificazione della esposizione dei lavoratori a pesticidi e degli effetti sulla salute. I lavoratori agricoli svolgono mansioni comuni ad altre attività lavorative come ad esempio riparazione di macchinari, applicazione di pesticidi, operazioni di pittura di manufatti. Nel far questo essi possono entrare in contatto con un numero elevato di agenti chimici potenzialmente tossici quali pesticidi, solventi, benzine, olii minerali. Il tipo di esposizione dei lavoratori agricoli è inoltre caratterizzato dalla discontinuità e dallo svolgimento di mansioni differenti a causa della intercambiabilità dei ruoli lavorativi.
    Tutti i pesticidi sono sostanzialmente dannosi per l’uomo. Anche i pesticidi riconosciuti sicuri, se maneggiati scorrettamente, possono causare all’operatore una vasta gamma di effetti sistemici e locali carico ad esempio di cute, occhi, vie respiratorie. L’operare in sicurezza consiste quindi per il lavoratore nel capire come quei pesticidi che usa possano essere tossici e quali siano le strategie di comportamento, che possano ridurre, o meglio eliminare completamente, la propria e l’altrui esposizione.
    L’operatore agricolo deve inoltre conoscere i diversi principi attivi contenuti negli antiparassitari: quelli utilizzati normalmente sono formati da un coacervo di sostanze che ne caratterizzano l’azione. La quasi totalità dei prodotti è commercializzata quindi sotto forma di formulati costituiti da tre tipi di sostanze:
    • principio attivo, sostanza che esplica l’azione diretta nei confronti del parassita patogeno, è dotato di tossicità intrinseca;
    • coformulanti, sono aggiunti al principio attivo e la loro utilizzazione deve essere valutata dai tecnici addetti in relazione al principio attivo, alla formulazione e all’uso destinato ;
    • sostanze inerti, non svolgono nessuna funzione specifica ma servono a diluire il principio attivo, favorendo la buona riuscita della formulazione.

    Gli aspetti qualitativi di un pesticida dipendono direttamente da due fattori: la tossicità intrinseca e la disponibilità. La prima è rappresentata dal danno che il principio attivo di un prodotto esplica nei confronti dell’organismo bersaglio; è esercitata dal principio attivo solo se riesce a raggiungere l’organismo contro cui è diretto. La disponibilità è rappresentata dalla capacità del fitofarmaco di liberare il principio attivo e di farlo arrivare a contatto con il parassita. Essa dipende da fattori diversi quali la prontezza di azione, la persistenza e la presenza di coformulanti che migliorano l’azione, rendendola più persistente nel tempo.
    Le classificazioni tossicologiche si basano sugli effetti acuti che i vari principi attivi producono. Con Dose Letale 50% si indica la dose in milligrammi di pesticida per ogni chilogrammo del peso corporeo di un essere vivente. La tabella tossicologica è divisa in tre parti: nella prima compare il dato assunto per via orale, ossia nelle prove di laboratorio la dose è in grado di uccidere il 50% delle cavie; nel secondo riquadro la tossicità di quei preparati solidi e liquidi la cui contaminazione avviene a livello cutaneo; infine si riporta la dose accertata essere letale per l’uomo.

    ESPOSIZIONE ACUTA A PESTICIDI
    SOSTANZE ORGANICHE
    Stimolano i recettori nicotinici parasimpatici, i neuroni postgangliari e le fibre muscolari striate a livello delle giunzioni neuromuscolari. Hanno un’azione colinergica e determinano inizialmente eccitazione a livello dei ricettori acetilcolinici e successivamente depressione e paralisi. La sintomatologia è caratterizzata da iperventilazione per stimolazione diretta dei recettori carotidei ed aortici, cui seguono cefalea, vertigini, scialorrea, nausea, vomito, diarrea, ipertensione, tachicardia e sudorazione fredda. Se la dose è modesta, i sintomi regrediscono lasciando astenia. Al contrario una dose maggiore può portare a tremore, con convulsioni, iperpnea, ipertensione, blocco gangliare e neuromuscolare. L’exitus interviene per insufficienza ventilatoria da paralisi dei muscoli intercostali.

    COMPOSTI INORGANICI
    I fosfuri, se ingeriti, determinano, a contatto con la saliva e i succhi gastrici, la formazione di fosfina che, insieme al fosforo, provoca processi di ossidoriduzione fosforilanti che interessano il metabolismo dei grassi e delle proteine a livello epatico. Vengono conseguentemente esauriti i depositi di glicogeno e l’organo va incontro a steato-necrosi. Il contatto cutaneo può provocare ustioni dolorose di secondo e terzo grado; per ingestione invece si ha sensazione di dolore urente alla gola e all’addome con nausea, vomito di odore agliaceo, diarrea con feci fluorescenti. Segue un periodo asintomatico di durata variabile che viene seguito da manifestazioni sistemiche di vario tipo. A livello gastroenterico si manifestano nausea, vomito e diarrea, con possibile ematemesi massiva. Possono evidenziarsi segni di danno epatico come epatomegalia dolorosa, ittero, ipoglicemia e iperbilirubinemia. Anche il rene può essere compromesso e la sintomatologia nei casi più gravi può comportare l’oliguria fino all’anuria. A livello cardiaco il fosforo determina insufficienza; mentre l’intossicazione a carico del Sistema Nervoso Centrale (SNC) determina convulsioni, delirio e infine coma. In taluni casi l’ipocalcemia può portare all’aggravamento dello stato patologico relativo al quadro motorio.
    Nel caso di pesticidi costituiti da composti inorganici derivati dello zolfo, i sintomi per ingestione oltre che a livello gastrico colpiscono a livello neuromotorio, provocando crampi muscolari, convulsioni, bradicardia e dispnea.L’exitus avviene per paralisi respiratoria, in piena coscienza.

    AMMONIO QUATERNARIO
    Il rappresentante più rilevante di questa classe di composti chimici è il paraquat, impiegato come diserbante. Il contatto cutaneo determina inizialmente eritema, desquamazione, flittene, ulcerazioni e necrosi. Se il contatto è prolungato si possono avere emorragie sottoungueali, pachionichia, strisce trasversali biancastre sotto le unghie, con relativo sfaldamento e caduta di esse. Se si verifica contatto oculare, dopo un periodo asintomatico oscillante tra le 12 e le 24 ore, il soggetto presenta una esfoliazione dell’epitelio corneale e congiuntivale con conseguente vivo dolore, fotofobia e diminuzione della vista a causa di edema corneale, che persiste per circa tre settimane. Se il paraquat viene ingerito la sintomatologia è in funzione della dose. Se essa è superiore ai sei grammi si ha rapidamente nausea, vomito, diarrea, ipotensione, ipotermia, acidosi metabolica, annullamento del sensorio e convulsioni. A questa prima fase segue, dopo 12-24 ore, uno stato di insufficienza respiratoria, accompagnata da cianosi causata da edema polmonare acuto ed exitus. È da sottolineare che questo diserbante risulta essere, fra i pesticidi, la sostanza che provoca una maggiore mortalità umana, oscillante tra il 50% e il 60%. Se il dosaggio è inferiore (3-6 grammi), i sintomi inizialmente interessano il tratto gastrointestinale, con irritazione oro-faringea, seguita anche da ulcerazioni a livello dell’esofago e dello stomaco. Dopo pochi giorni si manifesta un lieve ittero e uno stato di oligoanuria per cui è necessaria l’emodialisi. Al termine di una settimana si sviluppa l’insufficienza respiratoria con tachipnea e cianosi ingravescenti fino all’exitus. Se si verifica una intossicazione per ingestione anche di una dose minima di paraquat, (1,5-2 grammi), si osservano inizialmente bruciori del tratto orofaringeo con difficoltà nella deglutizione, dolore retrosternale e possibili dolori viscerali, seguiti da diarrea coleriforme. Superate le prime 48 ore subentrano stati febbrili, ittero, oliguria, albuminuria, iperazotemia ed alterazioni relative al quadro elettrolitico nonché alterazioni miocardiche. Anche in questo caso si verifica l’exitus del paziente per edema polmonare dopo due o tre settimane. Invece nel caso di insufficienza respiratoria secondaria a fibrosi polmonare, l’exitus avviene dopo un lasso di tempo ancor maggiore.
    In caso di intossicazione acuta si riscontra una pneumopatia, non di rado responsabile di casi mortali. Il paraquat si comporta come un composto redox che, riducendosi ed ossidandosi ripetutamente, provoca nel tessuto polmonare la formazione di radicali liberi e di H202 che determinano fenomeni di lipoperossidazione delle membrane cellulari. La patogenesi delle lesioni polmonari specifiche da sembra essere legata alla interferenza nella sintesi delle lecitine prodotte dall'epitelio alveolare con ridotta produzione di surfactant ed aumento della tensione superficiale alveolare cui consegue atelettasia e successivamente fibrosi. I sintomi dell'intossicazione acuta sono costituiti da irritazione e bruciore della gola, presenza di aree necrotiche e desquamative a livello della mucosa orale; successivamente possono comparire gastroenterite acuta, dispnea e cianosi. La sintomatologia può evolvere sino alla comparsa di edema polmonare e successiva evoluzione sfavorevole.
    ANILIDI ED ACETOANILIDI
    Tutte le acetoanilidi degradano a derivati dell’anilina; metabolita attivo è la dietilanilina. I sintomi da contatto sono di tipo irritativo. In genere il soggetto esposto presenta anemia, sangue venoso di colore scuro (brown blood), inoltre possono comparire cianosi, collasso e stato di shock. Alcuni individui possono essere sensibilizzati e presentare pertanto dermatiti da contatto. L’analisi delle urine mostra urine scure con presenza di acetanilide e paraminofenolo. L’exitus può essere determinato dalla depressione del SNC.
    CARBAMATI, TIOCARBAMATI E DITIOCARBAMATI
    I carbamati inibiscono l’enzima acetilcolinesterasi con conseguente accumulo di acetilcolina a livello delle giunzioni neuro-muscolari e sviluppo di sintomi muscarinici , nicotinici e centrali. Negli avvelenamenti lievi la durata degli effetti tossici è ridotta e si ha una rapida scomparsa dei sintomi, dato che il legame dei carbamati con l’enzima è di tipo labile, con ritorno alla normalità in poche ore. Questo ultimo fenomeno è importante anche per la prevenzione delle malattie croniche da esposizione ripetuta con microdosi.
    Il fegato metabolizza i carbamati, alcuni dei quali danno luogo a metaboliti urinari (per esempio 1-naftolo) reperibili fino a 48 ore dopo l’esposizione. La sintomatologia accertata in tali avvelenamenti è caratterizzata da tosse con secrezione oro-nasale, broncocostrizione con senso di costrizione toracica, dispnea ed edema polmonare. La rapida comparsa di questo complesso sintomatico può determinare l’interruzione dell’esposizione impedendo il sovradosaggio. L’azione neurmuscolare determina tremori, con conseguenti contrazioni muscolari improvvise, convulsioni, paralisi temporanea degli arti, collegate con vertigini, cefalea e riflessi patologici. L’exitus può subentrare per arresto respiratorio, per paralisi della muscolatura respiratoria o per broncocostrizione.
    All’interno della classe dei composti chimici dei carbamati riveste particolare importanza il carbaril, un prodotto che determina sia l’inibizione reversibile della acetilcolinesterasi, che delle pseudocolinesterasi epatiche, pancreatiche e gliali. Il carbaril ha un meccanismo di reazione con l’acetilcolinesterasi che è simile a quello attuato dal parathion. I sintomi compaiono quando l’azione che inibisce la colinesterasi eritrocitaria è superiore al 50%. Nelle manifestazioni per contatto in genere sono interessati il volto e le mani; compaiono prima i sintomi muscarinici dovuti all’interessamento del parasimpatico craniale con dolori retrobulbari, disturbi dell’accomodazione, cefalea frontale, miosi accentuata talora asimmetrica, calo dell’acutezza visiva, modesta bradicardia accompagnata da tosse e scialorrea, e talora broncospasmo, nausea e vomito. Successivamente compaiono i sintomi, in genere modesti, della fase nicotinica con fibrillazioni e talora fascicolazioni muscolari. Nelle manifestazioni da assorbimento sistemico compaiono dapprima i sintomi oculari della fase muscarinica, a carattere ingravescente, quali i disturbi dell’accomodazione, ambliopia, miosi, poi quelli relativi all’interessamento muscarinico totale, come scialorrea, broncorrea e broncospasmo, tosse, vomito, diarrea, minzione involontaria, bradicardia fino al collasso cardio-circolatorio di origine vagale. Segue la fase nicotinica gangliare con prevalente interessamento dell’ortosimpatico e del medullosurrene, con fibrillazioni muscolari diffuse, tremori palpebrali e linguali, crampi muscolari, talora convulsioni, astenia, adinamia, ipertensione con tachicardia ed aumento della temperatura corporea. L’ultima fase, ritardata, deriva dall’accumulo del tossico nelle placche motrici (fase muscolare nicotinica ritardata) con iperreflessia, tremori e fibrillazioni ingravescenti fino alle convulsioni, paralisi flaccida generalizzata, respiro di Cheyne-Stokes fino all’insufficienza respiratoria (di origine centrale e periferica) con collasso cardiocircolatorio centrale.
    I ditiocarbamati non hanno una azione anticolinesterasica, ma determinano effetti irritanti. Alcuni risultano sperimentalmente dare una metabolizzazione che porta la formazione di etilentiourea, a cui sono stati attribuiti effetti mutageni, teratogeni e gozzigeni.
    Nel caso del tiram si ha la formazione di nitrosamine cancerogene. Inoltre questo funghicida è assorbito nell’intestino umano al 90% e la sua metabolizzazione porta alla formazione di derivati biologicamente e tossicologicamente attivi come il disolfuro di carbonio e la dietilamina, la cui eliminazione è maggiormente lenta in relazione alla quantità di dose assunta.
    Il tiram è altamente liposolubile e tende ad accumularsi nel tessuto adiposo. Interferisce con il metabolismo ossidativo dell’alcool e di altre sostanze: in assenza di alcool agisce come un neurotossico portando ad una sindrome progressivamente ingravescente sino al coma profondo in pochi giorni. Se combinato con alcool, entro 15 minuti dall’assunzione, svolge la sua attività inibendo l’acetaldeide-deidrogenasi e, conseguentemente, provocando un accumulo di acetaldeide nel sangue. Ciò determina una sintomatologia associata ad aspetti circolatori di vasodilatazione diffusa con ipotensione. Se l’intossicazione è lieve la sindrome ha una breve durata, ma lascia nel soggetto uno stato di spossatezza e sonnolenza prolungati. Qualora si presenti nella forma più grave, la sindrome persiste per 12 ore circa, con uno stato generalizzato di insufficienza delle funzioni vitali. Si riscontra in ogni caso epatotossicità di diverso grado.
    CIANODERIVATI
    Appartengono a questo gruppo i cianuri organici che possono presentare una minima trasformazione in ioni Cn.
    Nel caso di intossicazione da ioxinil, un cianderivato utilizzato come diserbante, i sintomi comprendono: pallore, cianosi periferica, traspirazione cutanea, tachipnea, senso di disorientamento, aggressività, arresto del respiro, iperemia di tutti gli organi, edema polmonare e cerebrale. Il quadro clinico, nei casi più lievi, presenta sensazioni di calore accompagnati da intensa sudorazione con presenza di eritema facciale; nei casi più gravi la sudorazione porta ad una intensa sete, astenia, cefalea, tachicardia, irrequietezza, iperpiressia, nausea accompagnata da vomito e infine diarrea. Se la sintomatologia si aggrava subentrano convulsioni, dispnea con cianosi, edema polmonare, coma.
    CUMARINOIDI

    Sono antimetaboliti della vitamina K ed hanno un’azione anticoagulante poiché inibiscono la sintesi della protrombina. L’intossicazione provoca in tutti gli organi un sanguinamento diffuso ma compensato da meccanismi di coagulazione, cosicché i sintomi possono protrarsi anche per settimane. Persino piccole esposizioni ripetute hanno effetti dannosi, paragonabili a quelli di una singola esposizione massiva. La terapia prevista, in caso di ingestione di alte dosi, è la gastrolusi o il vomito provocato. Deve essere monitorata l’attività protrombinica ed in caso di diminuzione di quest’ultima, è necessario somministrare vitamina K.
    DINITRODERIVATI
    Comprendono sia le dinitroaniline che i dinitrofenoli. Le prime possono dar luogo a derivati dell’anilina che agiscono disaccoppiando la fosforilazione ossidativa e in caso di esposizione per contatto provocano irritazione di cute, occhi e mucose.
    Anche i dinitrofenoli disaccoppiano la fosforilazione ossidativa determinando liberazione abnorme di energia termica ed anossia istotossica. Dopo l’assorbimento i dinitrofenoli vengono coniugati nel fegato a formare aminocomposti, eliminati poi per via renale come solfati e glicuronati. La sintomatologia si manifesta progressivamente attraverso euforia, cefalea, presenza di colorazione gialla delle sclere, della cute e delle mucose. Parallelamente si hanno convulsioni, disturbi anginoidi, ed infine danni epatici e renali. L’exitus si ha per paralisi respiratoria o eventualmente edema cerebrale.
    ETEROCICLICI AZOTATI E NON AZOTATI
    All’interno di questa classe di composti sono raggruppate sostanze i cui principi attivi non determinano sempre sintomi chiaramente definiti. Tra gli altri ne fanno parte i triazoli e le triazine, composti ciclici con tre atomi di azoto, entrambi quasi insolubili in acqua.
    La loro attività si esplica su occhi, cute, mucose del tratto respiratorio, fegato e reni. Tali composti possono determinare in soggetti con diatesi allergica quadri di interessamento cutaneo con lesioni che vanno da semplici dermatiti eritematose sino a lesioni necrotizzanti. A livello respiratorio provocano broncospasmo e dispnea da irritazione bronchiale. Sempre in individui con diatesi allergica sono possibili sintomi di tubulonecrosi renale acuta ed epatonecrosi.
    In caso di ingestione si rilevano gastroenterite , cefalea, disturbi della funzione surrenale e del metabolismo della tiamina e della riboflavina, accumulo nel tessuto adiposo.
    Nel caso di grave intossicazione si ha uno stato di eccitazione o di depressione del SNC con disturbi del comportamento. La sostanza, dopo l’ingestione, è prontamente assorbita e metabolizzata; l’eliminazione avviene in 72 ore.
    Nel caso degli eterociclici come la metaldeide, la metabolizzazione a livello gastrico (pH acido), determina la formazione di acetaldeide, la cui comparsa può essere accelerata in presenza di alcool etilico. L’acetaldeide ha una azione irritante sulle mucose, ma particolarmente gravi sono gli effetti a livello del SNC, nonché a livello epatico e renale. Una tavoletta di questo molluschicida, del peso di quattro grammi può determinare stati convulsivi con esito letale. I primi sintomi si presentano in un tempo compreso tra la mezz’ora e qualche ora dall’ingestione, con nausea, vomito di aspetto caseoso, gastrite a volte emorragica. In seguito si ha lo sviluppo dei sintomi dovuti all’azione neurotossica, che possono progredire fino al coma con convulsioni e paralisi respiratoria.
    FENOSSIDERIVATI
    Questa classe di composti agisce inibendo la sintesi dell’RNA, disaccoppiando la fosforilazione ossidativa e determinando la demielinizzazione delle fibre nervose.
    Nella sostanza attiva può essere presente diossina come impurità e ciò può portare ad un deficit dell’immunità cellulo-mediata nonché ad anemia aplastica.

    I fenossiderivati sono potenti induttori delle ossidasi miste, possono causare emorragie gastrointestinali, necrosi, ulcerazione, emorragia cerebrovascolare e atrofia del sistema linfatico.
    I sintomi per contatto cutaneo sono soprattutto di tipo irritativo, con lesioni a livello delle mucose oculari e delle vie respiratorie, in funzione della concentrazione dei vapori nell’aria e della durata dell’esposizione.
    Nel caso di ingestione di tali prodotti si ha una forte irritazione del tratto gastroenterico. In generale i sintomi sono quelli tipici provocati dalla dissociazione della fosforilazione ossidativa; alla morte per anossia progressiva segue un rigor mortis immediato. In caso di intossicazione lieve si hanno epatite tossica e albuminuria.
    ORGANOALOGENATI
    Il bromuro di metile colpisce il SNC. La pericolosità del composto è dovuta al fatto che, essendo pressoché inodore, può essere inalato, fino a dosi tossiche, senza che ne sia avvertita la presenza nell’aria. Determina peraltro paralisi dei nervi olfattivi già a basse concentrazioni.
    La sintomatologia è relativa alla eccitazione e depressione del SNC con i relativi effetti legati a disturbi della deambulazione, della parola nonché con diversi sintomi irritativi a livello oculare. I quadri neurologici si manifestano tardivamente ed hanno una prognosi spesso infausta. Possono verificarsi inoltre danni a carico dei principali organi ed apparati. Il danno epatico si ravvisa attraverso l’elevazione sierica di transaminasi e LDH; nel rene le lesioni sono costituite da necrosi tubulare associata ad aumento di azotemia e di creatinina. L’exitus può sopraggiungere per depressione del sistema nervoso centrale, edema polmonare, insufficienza respiratoria e renale, fibrillazione ventricolare e collasso circolatorio.
    ORGANOFOSFATI
    Gli insetticidi organofosforici agiscono con meccanismo diretto interferendo competitivamente con la trasmissione colinergica si a livello centrale che periferico. Sono esteri dell’acido fosforico e tiofosforico (parathion, fosdrin, diclorvos ecc.).Gli antiparassitari di questo tipo inibiscono stabilmente la acetilcolinesterasi (AChE) che catalizza la distruzione della acetilcolina (ACh), a livello sinaptico. Il conseguente accumulo di Ach a livello del vallo sinaptico provoca l’insorgenza di una sintomatologia complessa caratterizzata dalla contemporanea presenza di sintomi muscarinici, nicotinici e centrali. Numerosi composti vengono convertiti rapidamente nel fegato da tioni ad oxoni più tossici, che danno luogo a cataboliti alchilfosfati e fenolici prontamente eliminati con le urine.
    Gli effetti muscarinici sono dovuti all'accumulo di ACh a livello delle fibre postgangliari parasimpatiche e si manifestano con sintomi respiratori (senso di oppressione toracica, tosse, cianosi, ipersecrezione bronchiale e broncospasmo), gastroenterici (scialorrea, nausea, vomito, diarrea, dolori addominali), cardiocircolatori (ipotensione arteriosa, bradicardia), urinari (incontinenza urinaria), oculari (miosi, disturbi dell’accomodazione) e iperidrosi.
    Gli effetti nicotinici sono dovuti all'accumulo di ACh a livello delle terminazioni nervose dei muscoli scheletrici e a livello delle fibre pregangliari simpatiche e parasimpatiche e consistono in tremori (in particolare tremore linguale,) fascicolazioni, paralisi, crampi, tachicardia, ipertensione arteriosa.
    La sovrastimolazione colinergica livello del SNC provoca irritabilità, ansia, insonnia, cefalea, confusione mentale, depressione, difficoltà di concentrazione, tremore e convulsioni. In caso di intossicazione acuta grave si può avere coma e morte.
    I primi sintomi a comparire sono i muscarinici cui si associano ben presto i sintomi nicotinici e quindi quelli centrali.Nei quadri clinici di lieve entità appaiono sintomi comuni come languore, malessere, cefalea, vertigini, senso di costrizione toracica, senso di disagio e leggera atassia, nausea, vomito, salivazione, abbondante sudorazione, diarrea, gastralgia e leggera miosi, peraltro sintomi non specifici in quanto potenzialmente provocati anche da altre sostanze. Nei casi di media gravità aumenta la miosi e si hanno fascicolazioni muscolari, con difficoltà nella deambulazione, disordini del linguaggio, convergenza oculare e bradicardia.
    Il quadro clinico nei casi gravi si presenta con miosi, obnubilamento del sensorio, scomparsa della reattività allo stimolo luminoso, convulsioni generalizzate, edema polmonare, ipertensione e incontinenza sfinterica.
    Si possono inoltre avere altri sintomi acuti quali acidosi, iperglicemia, afasia, areflessia, atassia, allucinazioni, confusione mentale e psicosi, bradi e tachicardia, con possibile tachicardia ventricolare, per iper o ipotensione, disturbi della visione, disturbi gastrointestinali, ed inoltre danno renale ed epatico, ipertermia, tenesmo, incontinenza, leucopenia, atrofia e spasmi muscolari, disturbi della respirazione, scialorrea, comparsa degli alchilfosfati nelle urine.
    PIRETROIDI
    In questa classe vengono compresi composti sintetici, esteri degli acidi crisantemici simili alle piretrine, caratterizzati da azione insetticida elevata e da bassa tossicità acuta. L’assorbimento per via digerente o inalatoria a dosi elevate può comunque provocare effetti sistemici.
    I piretroidi vengono metabolizzati sotto forma di composti non tossici che vengono eliminati nelle urine sotto forma di coniugati con l’acido solforico e glicuronico. Il metabolismo specifico consiste nell’idrolisi dei piretroidi che hanno funzione estere, e nella loro ossidazione a livello dei microsomi epatici. La presenza negli insetticidi di sostanze sinergizzanti, quali il poperonilbutossido (PBO), può provocare il rallentamento del metabolismo dei piretroidi, potenziandone l’attività.
    Le manifestazioni tossiche si verificano per contatto delle parti esposte della cute oppure per effetto della inalazione. Tali manifestazioni generalmente consistono in irritazioni dermiche, rinite e tosse. Si possono anche avere reazioni allergiche, talora gravi a carico di cute e mucose, asma e quadri di reazioni anafilattiche. In caso di ingestione si osservano nausea, vomito e diarrea, con formicolii alle labbra e alla lingua. L'esposizione a dosi elevate di piretroidi provoca cefalea, astenia, incoordinazione, convulsioni tonico-cloniche, stupor che può progredire fino al coma. La morte sopravviene per paralisi respiratoria.
    DERIVATI UREICI
    I principi attivi di questi composti, derivati della 3.4-dicloroanilina, tramite diversi meccanismi enzimatici, sono metabolizzati ad anilina per idrolisi dell’urea. È possibile che dall’ossigenazione di alcuni metaboliti derivino prodotti di coniugazione in grado di attivare o viceversa inibire gli enzimi microsomiali epatici.
    I sintomi consistono in irritazione cutanea, oculare e delle mucose, nausea accompagnata da vomito, diarrea e dolori addominali, nonché anemia, subittero, albuminuria ed ematuria.
    Nelle tabelle 10-15 è esposta una sistematizzazione esemplificata di sintomi e segni più frequentemente associati ai principali avvelenamenti da pesticidi.
     
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