Cobalto e neurotossicità: una lezione dalle artroprotesi d'anca‏

Rosario Muto

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  1. Centro Benessere Kundalini
     
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    Salve a tutti
    invio un abstract molto interessante
    http://www.sitox.org/congresso_09/abs_visualizza.php?id=186


    Titolo
    Cobalto e neurotossicità: una lezione dalle artroprotesi d'anca


    Autori
    Rizzetti M.C., Liberini P., Catalani S.*, Apostoli P.*, Marinovich M.°,
    Padovani A.

    Divisione di Neurologia - Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
    Università degli Studi di Brescia *Sezione di Medicina del Lavoro e Igiene
    Ambientale - Dipartimento di Medicina Sperimentale e Applicata Università
    degli Studi di Brescia ° Unità di Tossicologia Cellulare e Molecolare -
    Dipartimento di Scienze Farmacologiche Università degli Studi di Milano


    Abstract
    A Settembre 2007 una donna di 58 anni è stata ricoverata presso il Reparto
    di Neurologia degli Spedali Civili di Brescia per la valutazione di
    ipovisus e ipoacusia; la paziente lamentava calo del visus e ipoacusia da Luglio
    2007. In anamnesi erano presenti: diabete mellito, ipertensione arteriosa
    con retinopatia, ipotiroidismo dovuto a tiroidite autoimmune. La paziente
    era stata inoltre sottoposta ad intervento di posizionamento di artroprotesi
    di anca sinistra, revisionata 5 anni dopo a causa della rottura della testa
    protesica in ceramica; durante l'intervento di revisione è stata
    posizionata una testa in lega cromo-cobalto mentre lo stelo e l'acetabolo in titanio sono stati lasciati in sede in quanto integri. Al momento del ricovero si
    rilevavano deficit bilaterale del II e del VIII nervo cranico e lievi disturbi sensitivo-motori distali agli arti. Mediante un'ampia serie di esami strumentali è stata inizialmente posta diagnosi di multineuropatia assonale periferica. Indagini laboratoristiche atte ad escludere malattie infettive, neoplastiche, metaboliche e immunologiche sono risultate negative, con l'eccezione di un lieve incremento dei marker infiammatori.
    Ipotizzando una vasculite immuno-mediata la paziente è stata dimessa con
    l'indicazione a terapia con prednisone, che dopo una fase iniziale di beneficio è
    risultata inefficace. A Dicembre 2007 la paziente è stata nuovamente
    ricoverata poichè completamente cieca, gravemente ipoacusica e confinata
    sulla sedia a rotelle a causa di ipostenia severa agli arti inferiori.
    Dagli esami condotti non è emerso nessun dato patologico quindi la paziente è stata segnalata al Servizio di Tossicologia del nostro Ospedale per
    valutare una possibile genesi tossica dei distrubi neurologici. Inaspettatamente
    sono emerse concentrazioni di cobalto e cromo nel siero, nelle urine e nel
    liquor cefalorachidiano 100 volte più elevate rispetto ai valori di riferimento.
    Analizzando le concentrazioni relative dei metalli e prendendo in
    considerazione la storia ortopedica della paziente, è stata ipotizzata una
    intossicazione da cobalto-cromo causata dai detriti derivanti dalla
    corrosione dell'artroprotesi di anca, sebbene le radiografie effettuate non
    evidenziassero segni di mobilizzazione protesica e la paziente non avesse
    mai lamentato algie locali. La paziente è stata quindi sottoposta a vari
    cicli di terapia chelante con EDTA, ai quali sono corrisposti minimi
    miglioramenti neurologici in contrapposizione a significative diminuzioni
    delle concentrazioni dei metalli. La protesi d'anca è stata rimossa ad
    Aprile 2008 con evidenza intraoperatoria di metallosi massiva nei tessuti
    periprotesici, dato confermato dall'analisi istologica. Nelle settimane
    successive le concentrazioni dei metalli hanno iniziato a diminuire
    gradualmente confermando l'ipotesi di intossicazione endogena da
    cobalto-cromo. Sebbene all'ultimo controllo le concentrazioni fossero
    ancora molto oltre i valori limite, il quadro neurologico è risultato migliorato
    con la quasi completa normalizzazione dell'udito e della funzione motoria
    mentre la vista ha avuto miglioramenti meno evidenti. Nonostante sia noto
    come l'esposizione al cobalto possa determinare effetti biologici avversi,
    la rilevanza clinica è piuttosto controversa poichè il ruolo del cobalto o
    delle leghe cromo-cobalto sui tessuti e organi umani non è ancora stato
    chiarito. In effetti, accanto al ben noto effetto dell'intossicazione
    esogena da cobalto nella genesi di disturbi tiroidei, cardiaci e
    respiratori (questi ultimi non rilevati nella nostra paziente), gli effetti tossici sul
    sistema nervoso centrale (atrofia ottica, sordità neurosensoriale e
    parestesie agli arti) sono stati descritti raramente. I case report
    presenti in letteratura sono solamente 3 nonostante l'esposizione endogena a metalli sia ben documentata in casistiche cliniche e principalmente correlata alle
    protesi metalliche che producono detriti da corrosione e rilascio di ioni
    metallici. Il caso che presentiamo, caratterizzato da una esposizione
    cronica a cobalto-cromo endogeni a concentrazioni straordinarie, è
    paradigmatico e sottolinea le potenziali conseguenze che possono derivare
    dagli impianti metallici. Sebbene l'artroprotesi totale e l'artroplastica
    di anca siano procedure molto diffuse praticate con successo, raccomandiamo un
    follow-up a lungo termine e accurato, indispensabile per rilevare effetti
    avversi sistemici dovuti all'esposizione prolungata ad elevate
    concentrazioni di cobalto. In quest'ottica, oltre alla valutazione
    ortopedica, raccomandiamo vivamente un'attenta valutazione neurologica e
    tossicologica qualora un paziente portatore di impianto protesico
    lamentasse disturbi visivi e/o uditivi, ipostenia degli arti, parestesie anche in
    assenza di sintomi locali osteoarticolari.

     
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