protesi low cost

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  1. Centro Benessere Kundalini
     
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    L'ennesima sconfitta, e poi dicono di non fare guerra in internet


    Se in sala operatoria arrivano le protesi low cost
    a.. Tags: bypass, Cittadinanzattiva, Claudio-De-Giuli, dispositivi-medici,
    Finanziaria-2007, malati, protesi, spesa-sanitaria, valvole
    b.. Lascia un commento
    http://blog.panorama.it/economia/2008/03/3...otesi-low-cost/

    Dicono che il sistema sanitario italiano sia tra i migliori al mondo. Ma se
    vi dovesse capitare di sottoporvi ad un qualsiasi intervento chirurgico fate
    molta attenzione. In sala operatoria sono arrivati i dispositivi medici low
    cost. Per ora sono solo 246 ma potrebbero essere migliaia. Se il nome non vi
    è familiare si tratta di valvole cardiache, endoprotesi e protesi, stent
    coronarici, guanti, sonde, pinze, forbici e in futuro, tra gli altri,
    bypass, defibrillatori e pacemaker. Insomma tutto l’occorrente per far
    fronte all’emergenza in sala operatoria e alle malattie più frequenti.

    L’iniziativa è del ministero della Salute e di quello delle Finanze che per
    tagliare la spesa sanitaria, che ha messo in ginocchio diverse Regioni,
    hanno deciso di fissare il prezzo massimo, la cosiddetta base d’asta, al
    quale i dispositivi medici possono essere acquistati nelle gare. Peccato,
    obiettano le società scientifiche, che a farne le spese siano soprattutto i
    pazienti. Il punto è che, come stabilisce la Finanziaria 2007, “i prezzi
    sono stabiliti tenendo conto dei prezzi più bassi unitari di acquisto da
    parte del Servizio sanitario nazionale”. Se per esempio a Roma una protesi
    viene aggiudicata al prezzo più basso d’Italia, quello verrà considerato il
    costo massimo. “In realtà – risponde Claudio De Giuli, vicepresidente della
    Commissione unica dei dispositivi medici del ministero della Salute – la
    norma è stata attuata individuando un valore medio e non quello più basso”.
    E comunque, aggiunge, “non dobbiamo dare per scontato che i prodotti a più
    basso costo siano di scarsa qualità”. In caso contrario, promette De Giuli,
    il ministero è pronto ad intervenire.

    Ma in corsia è già bufera. “È giusto contenere la spesa” ribatte Giancarlo
    Bracale, presidente della Società italiana di chirurgia vascolare ed
    endovascolare “ma utilizzare un criterio esclusivamente economico non è
    corretto”. Con questa nuova norma, spiega Bracale, non possiamo garantire al
    paziente il prodotto migliore per la sua patologia, la fiducia nei confronti
    del medico viene meno e in molti potrebbero decidere di farsi operare in
    altre Regioni o addirittura andare all’estero con gravi danni per il Sistema
    sanitario. Potrebbe addirittura essere un grosso spreco. “Se per esempio i
    guanti sono di cattiva qualità e si rompono bisogna cambiarli molto più
    spesso” spiega Bracale. “Per non parlare della possibilità che dispositivi
    poco aggiornati diventino fondi di magazzino”. Sulla stessa linea anche
    Ottavio Alfieri della Società italiana di cardiochirurgia: “Noi utilizziamo
    diversi tipi di valvole, ovvero dispositivi altamente tecnologici e in
    continuo aggiornamento. Perché dobbiamo rinunciare ai prodotti di ultima
    generazione, alla qualità, se possiamo avere il massimo?”. Giovanni Broggi,
    direttore del dipartimento neuroscienze chirurgiche dell’istituto Besta di
    Milano, avverte: “I dispositivi utilizzati nel nostro reparto non sono stati
    ancora classificati ma il rischio è altissimo. Sono forse quelli più all’avanguardia.
    Restare indietro significa mettere in pericolo la salute dei pazienti che,
    nel nostro caso, possono per esempio essere malati di Parkinson, epilessia o
    depressione”. Sul piede di guerra anche i rappresentanti del Tribunale per i
    diritti del Malato di Cittadinanzattiva che da oltre un anno si battono per
    migliorare la classificazione.

    “L’esclusione di fatto dei professionisti dalla scelta e dalla gestione dei
    dispositivi medici” spiega Francesca Moccia, coordinatrice del Tribunale “ha
    significato perdere competenze per la valutazione dei rischi e un grave
    danno per la ricerca”. Già perché l’altro danno che lamentano i produttori è
    che senza soldi la tecnologia non va avanti e il danno, dicono, è solo per
    chi sta male. “I dispositivi – spiega Ugo Ortelli, vicepresidente di
    Assobiomedica – rappresentano solo il 5 per cento della spesa sanitaria. Con
    questi decreti il taglio della spesa è appena dello 0,05 per cento. Se siamo
    costretti a contenere i costi, dobbiamo tagliare sulla ricerca e sulla
    formazione dei medici. Un danno enorme per il Servizio sanitario nazionale e
    per tutti quei pazienti che potrebbero avere il prodotto migliore e che
    invece, loro malgrado, devono rinunciarvi”.
     
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0 replies since 16/12/2009, 18:14   226 views
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