VIOLENZA E BULLISMO

IL PERCHE'

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  1. Centro Benessere Kundalini
     
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    GLI ADOLESCENTI LA VIOLENZA E IL BULLISMO

    Un recente studio ha fornito indicazioni chiare del fatto che gli adolescenti abbandonati a sé stessi per motivi vari come un disagio famigliare sono più inclini ad avere comportamenti aggressivi nel corso della loro vita. In particolare, lo studio ha evidenziato che i giovani esposti all'effetto dell’indifferenza oppure da una violenza subita hanno il doppio delle possibilità rispetto ai loro pari età di commettere delitti gravi nei due anni successivi alla violenza subita.
    l'indagine mette in evidenza il fatto che i comportamenti violenti possono essere trasmessi da persona a persona nell'ambito di una comunità. La metafora dell'epidemia della violenza e del bullismo di questi anni non sembra così fuori luogo come si potrebbe pensare. Intervistando centinaia di adolescenti maggiormente nella grandi città. La prima intervista aveva lo scopo di raccogliere informazioni dettagliate su 1517 soggetti fra i 10 e i 17 anni di età. La seconda intervista invece ha riguardato specificamente atti di violenza subiti o di cui i giovani erano stati testimoni.
    L'ultima intervista, infine, aveva lo scopo di evidenziare eventuali atti di violenza commessi dai soggetti. Il 23% dei giovani ha risposto di avere subito o visto atti di violenza, mentre il 12% ha ammesso di averne commessi.
    Secondo i ricercatori, dai dati emerge che l'esposizione alla violenza e del bullismo raddoppia la tendenza a commetterla nel corso dei due anni successivi. questi risultati dimostrano che esiste una relazione forte di causa ed effetto.
    mezzi di comunicazione di massa (IAD)

    L’intero studio della comunicazione di massa si basa sulla premessa che questi
    hanno effetti importanti, anche se poi i pareri divergono sulla natura e portata di
    questi presunti effetti. Ogni giorno ci vestiamo in base alle previsioni meteo, facciamo acquisti suggestionati da una pubblicità, andiamo a vedere un film recensito su un giornale, reagiamo alle notizie, ai film, alla musica trasmessa dalla radio, e così via. Esistono molti casi documentati di pubblicità negativa che hanno prodotto cambiamenti significativi nel comportamento dei consumatori.
    La nostra mente è colma di informazioni e impressioni ricavate dai mezzi di
    comunicazione. Viviamo in un mondo saturo di suoni e immagini, dove la
    politica, il governo e l’economia operano dando per scontato che sappiamo ciò che
    accade nel mondo intorno a noi. Pochi di noi possono ricordare un caso in cui si sono formati un’opinione o hanno ottenuto un’informazione importante senza i media.
    LE QUATTRO FASI NELLA STORIA DELLA RICERCA E DELLE TEORIE DEGLI EFFETTI DEI MEDIA
    Si potrebbe dire che l’evoluzione della riflessione sugli effetti sociali dei media abbia avuto una sua “storia naturale”, nel senso che è stata fortemente plasmata dalle circostanze di tempo e di spazio e influenzata da numerosi fattori “ambientali”, quali gli interessi dei governi e dei legislatori, il mutamento tecnologico, gli avvenimenti storici, le attività di gruppo di pressione e della propaganda, le preoccupazioni delle pubblica opinione e anche i reperti e le mode delle scienze sociali.
    Media onnipotenti nella prima fase, che va dai primi del Novecento alla fine degli anni Trenta, ai media si attribuiva il potere quasi assoluto di formare la pubblica opinione, di cambiare le abitudini e di modellare il comportamento secondo la volontà di coloro che detenevano il controllo dei mezzi e dei loro contenuti.
    In Europa l’uso dei media da parte degli inserzionisti, della propaganda bellica e delle dittature sembrava confermare ciò che la gente era già portata a credere e cioè che i media potevano essere onnipotenti.
    Sulla base di queste convinzioni ebbe inizio una ricerca sistematica che utilizzava i sondaggi e i metodi sperimentali con il fine di migliorare i media o utilizzarli per fini “sociali” come l’educazione delle masse, la lotta ai pregiudizi o l’informazione del pubblico.
    la verifica della teoria dei media onnipotenti Il passaggio dall’indagine empirica portò a una seconda fase della riflessione sull’effetto dei media. Il suo inizio è ben documentato dalla serie di studi del Payne Fund negli Stati Uniti dei primi anni Trenta. Furono condotti molti studi sulla possibilità di usare il cinema e altri media per pianificare l’informazione e la propaganda sulle campagne elettorali o sulla valutazione dei possibili effetti nocivi dei media riguardo alla delinquenza, al pregiudizio e all’aggressività.
    A mamo a mano che si sviluppavano nuove metodologie la natura della ricerca e i reperti e la teoria proponevano nuove variabili da analizzare. Inizialmente i
    ricercatori distinsero i possibili effetti secondo caratteristiche sociali e psicologiche;
    in seguito usarono variabili relative all’influenza dei contatti personali e
    dell’ambiente sociale, e quindi studiarono le motivazioni all’esposizione dei media.
    La diffusa delusione per i risultati di questo tipo di ricerche portò alla convinzione di senso comune che assegnava un ruolo molto più modesto ai media nel provocare effetti intenzionali o involontari.
    Chi era spinto a utilizzare o controllare i media per motivi commerciali o politici
    sentiva di non poter tranquillamente accettare il messaggio di relativa impotenza dei media che veniva dalla ricerca.
    la riscoperta del potere dei media
    Nella terza fase della teoria si continuò a cercare i possibili effetti dei media, ma in base a concezioni aggiornate dei processi sociali e mediali in gioco. All'’nizio la
    ricerca aveva adottato un modello (mutuato dalla psicologia) in cui si cercavano
    correlazioni tra il grado di “esposizione” agli stimoli mediali e i cambiamenti ( o le
    variazioni) misurabili di atteggiamento, di opinione, informazione o comportamento.
    La rinascita della ricerca sugli effetti dei media fu segnata da uno spostamento
    dell’attenzione sul cambiamento a lungo termine, sulle cognizioni anziché sugli
    atteggiamenti e le emozioni, sulle variabili intervenienti di contesto, disposizione e motivazione, e sui fenomeni collettivi come l’opinione pubblica, le credenze, le
    ideologie, gli schemi culturali e le forme istituzionali di offerta dei media. Inoltre,
    questa ricerca seppe sfruttare l’interesse crescente per come le organizzazioni mediali elaboravano e modellavano il “contenuto” prima di metterlo a disposizione del pubblico.
    Noelle-Neumann coniò lo slogan di un ritorno all’idea dei media potenti anche
    “grazie” all’esplosione del pensiero politico di sinistra negli anni ’60 individuando
    nei media un potente fattore di legittimazione e controllo nell’interesse dello stato
    capitalistico o burocratico.
    l’influenza negoziata dei media lo studio dei testi mediali, a partire dalla fine degli anni ’70, favorì un nuovo approccio al problema degli effetti dei media che si può etichettare come costruttivismo sociale. Questo approccio si basava sullo sviluppo di una visione dei media come capaci di incidere sulla realtà costruendo significati e offrendo sistematicamente questi costrutti al pubblico, che, con forme diverse di negoziazione, li incorpora nelle strutture personali di significato spesso modellate da precedenti identificazioni collettive.
    La nuova posizione conserva alcuni punti di contatto con la vecchia teoria dei media onnipotenti, tra cui, la teoria dell’ideologia e falsa coscienza, la teoria della
    coltivazione di Gerbner e le ipotesi avanzate da Noelle-Neumann nella sua teoria
    della “spirale del silenzio”.
    Il paradigma degli effetti che ne emerge ha due punti di forza: innanzitutto, che i
    media costruiscono forme sociali e la storia stessa strutturando le immagini della realtà secondo un modello prevedibile;
    che i membri del pubblico costruiscono una loro visione della realtà sociale e
    della loro collocazione in essa, in interazione con le costruzioni simboliche offerte dai media.
    L’approccio considera sia il potere dei media sia quello della gente di scegliere, per così dire, un terreno di continua negoziazione.
    Ormai sono moltissimi gli studi che adottano questa prospettiva, con l’attenzione
    rivolta a a come i media interagiscono con importanti movimenti attivi nella società.
    La von Zoonen spiegò così il suo punto vi vista circa il “costruttivismo sociale” dopo aver effettuato una ricerca sul movimento femminista nei Paesi Bassi: “i media non si limitano a trasmettere i messaggi e le attività del movimento (femminista), ma lo fanno in modo selettivo; non è tanto la trasmissione di una idea ma una “particolare costruzione delle idee e attività del movimento”, influenzata da innumerevoli negoziazioni e conflitti all’interno delle redazioni. L’immagine mentale del movimento è il risultato di una complessa interazione tra movimento e media che porta ad una certa identità e definizione pubblica.

    LIVELLI E TIPI DI EFFETTI
    Gli effetti dei media sono semplicemente le conseguenze dell’attività, intenzionale o meno, dei mezzi di comunicazione di massa.
    L’espressione “il potere dei media”, riguarda la loro efficienza nel raggiungere
    un certo obiettivo e implica in ogni caso intenzionalità ad obiettivo prestabilito.
    In genere, si distingue tra effetti cognitivi (che investono il sapere e le opinioni),
    effetti sugli atteggiamenti e sui sentimenti ed effetti sul comportamento.
    Esistono, però, altri modi di distinguere fra tipi di effetti dei media.
    Klapper distingueva tra conversione, piccolo cambiamento e rinforzo, cioè
    cambiamento di opinione secondo gli intendimenti del comunicatore; cambiamento di forma o intensità di cognizioni, opinioni o comportamenti; conferma da parte del ricevente di un’opinione, convinzione o comportamento preesistenti.
    I media possono:
    • causare un cambiamento voluto (conversione);
    • causare un cambiamento involontario;
    • causare un piccolo cambiamento;
    • agevolare il cambiamento (intenzionale o meno);
    • rinforzare l’esistente ( nessun cambiamento);
    • impedire il cambiamento.
    Ognuno di questi cambiamenti può avere effetti a livello individuale, collettivo,
    istituzionale o culturale.
    I tipi di effetto si spiegano da sé, mentre agevolare il cambiamento significa il ruolo di mediazione dei media nella costruzione dei significati e dei processi più generali di cambiamento della società, in sintonia con il paradigma più recente dell’effetto dei media (quarta fase). I due tipi che comportano l’assenza di ogni effetto implicano differenti concezioni dei processi mediali. Nel caso di un individuo, il rinforzo è una probabile conseguenza dell’attenzione selettiva e persistente da parte del ricevente a contenuti che siano congruenti con le opinioni preesistenti.
    Impedire il cambiamento, invece, significa l’offerta intenzionale di contenuti
    unilaterali o ideologici per spingere un pubblico al conformismo. Spesso indica
    semplicemente la ripetizione di opinioni accettate da tutti e l’assenza di ogni
    contraddittorio. L’effetto “nullo” dei media, di cui abbiamo non poca evidenza
    empirica, richiede di essere discusso per le sue conseguenze a lungo termine. In
    realtà, si tratta di un’espressione abbastanza fuorviante perché qualsiasi cosa che alteri l’eventualità di una diffusione di opinioni o di credenze è un intervento nel processo sociale e, quindi, un effetto.

    Ecco spiegati i vari effetti:
    Propaganda: è il tentativo deliberato e sistematico di manipolare la percezione, il pensiero e il comportamento per ottenere una risposta in accordo con gli obiettivi del propagandista.
    Risposta individuale: il processo attraverso cui gli individui cambiano, o resistono, quando si espongono a messaggi tesi a influenzare l’atteggiamento, le conoscenze o il comportamento.
    Campagna di comunicazione: la situazione in cui diversi media vengono utilizzati in modo organico per convincere o informare una data popolazione.
    Esempi sono la politica, la pubblicità commerciale, la raccolta di fondi e
    l’informazione pubblica in tema di salute e sicurezza.
    Acquisizione di informazione: l’effetto cognitivo a breve termine dell’esposizione alle notizie veicolate dai media, misurato dai test di ricordo, riconoscimento e comprensione.
    Agenda setting: il processo attraverso cui l’attenzione prestata ai temi o alle questioni presentati dalla copertura informativa influenza l’ordine della consapevolezza pubblica delle tematiche e la loro attribuzione di importanza.
    Framing: si riferisce all’influenza sul pubblico da aprte delle prospettive e delle cornici interpretative entro cui vengono contestualizzati le notizie e i resoconti degli eventi.
    Reazione individuale: le conseguenze impreviste dell’esposizione individuale a
    uno stimolo mediale. Tale reazione prende solitamente forma di imitazione e
    apprendimento, specialmente di atti aggressivi o devianti, ma anche di idee e
    comportamenti “buoni”.
    Reazione collettiva: gli effettui individuali menzionati prima coinvolgono più persone contemporaneamente in una situazione comune, che sfocia in un’azione collettiva, in genere di tipo non regolato e non istituzionale. Paura, ansia e collera sono le reazioni più forti, che possono generare panico o disordine sociale.
    Promozione dello sviluppo: la diffusione pianificata di innovazioni per favorire lo sviluppo a lungo termine (come nei paesi del terzo mondo), utilizzando campagne e altre tecniche di persuasione, specialmente la rete interpersonale e la struttura di autorità della comunità o della società.
    Diffusione dell’informazione: la diffusione della conoscenza di particolari eventi- notizia in una data popolazione nel corso del tempo, con particolare riferimento al grado di penetrazione e ai mezzi con cui si ricevono le informazioni(fonti personali/mediali).
    Distribuzione del sapere: gli effetti delle notizie e delle informazioni sulla distribuzione del sapere tra i gruppi sociali.
    Socializzazione: il contributo informale dei media all’apprendimento e adozione di norme, valori e aspettative di comportamento in particolari ruoli e situazioni sociali.
    Controllo sociale: riguarda le tendenze sistematiche a far rispettare un ordine stabilito o un modello di comportamento.
    Impatto sugli eventi: riguarda il peso dei media nello sviluppo dei grandi avvenimenti “critici” quali rivoluzioni, le grandi crisi politiche nazionali, la guerra, la pace.
    Definizione della realtà e costruzione del significato: un processo simile al
    controllo sociale, ma che se ne distingue perché riguarda, più che i
    comportamenti, le strutture cognitive, e i frames interpretativi e perché richiede
    una partecipazione più o meno attiva dei riceventi nella costruzione dei propri
    significati.
    Cambiamento istituzionale: l’adattamento delle istituzioni agli sviluppi dei media, specialmente quelli che influenzano le loro funzioni comunicative.
    Mutamento culturale: i cambiamenti di valori, comportamenti e forme simboliche tipiche di un dato segmento della società, di un’intera società o di diverse società.
    Effetti sull’integrazione sociale: l’integrazione può essere osservata a vari livelli, come la comunità locale o la nazione, che corrispondono anche alle aree di distribuzione dei media.

    LA TELEDIPENDENZA
    La Dott.ssa Monica Monaco ci mostra il problema della teledipendenza.
    “La diffusione della televisione tra gli strumenti di comunicazione di massa ha
    gradualmente trasformato le abitudini quotidiane di molte persone. la televisione e' entrata nelle case come un bene di lusso, in possesso di pochifino ad arrivare ad bene di largo consumo e alla portata di tutti occupando inizialmente il tempo libero.
    L'utilizzo di questo mass media si è guadagnato un posto di primo piano tra le attività quotidiane più diffuse, uno spazio che qualche volta finisce per trasformarne l'uso in abuso da parte di chi ne usufruisce per intere giornate( spesso le casalinghe) , lasciando poco spazio ad un atteggiamento critico di fronte ai contenuti ricevuti.
    Alle radici della teledipendenza la Tv, sempre più spesso, è additata come responsabile di numerose conseguenze negative sul pubblico e dell'origine di numerosi mali che affliggono la nostra attuale società. Ciò tuttavia non può far dimenticare i suoi meriti e le sue capacità informative e, indubbiamente, non si può attribuire ad essa tutta la responsabilità della crescita, negli ultimi anni, del fenomeno della teledipendenza.
    Come ogni strumento di comunicazione, anche la televisione può essere utilizzata bene o male e può diventare oggetto da cui dipendere quando si ricercano soddisfazioni ai propri bisogni e quando, in una società come quella attuale, si assiste a numerose crisi delle istituzioni che hanno finito per delegare a questo mezzo di comunicazione compiti che non dovrebbe svolgere e per i quali la televisione non è stata progettata adeguatamente.
    La teledipendenza, come molte altre moderne forme di dipendenza, rappresenta
    infatti il prodotto dell'incontro tra alcuni moderni fattori psico-sociali e determinati
    fattori comportamentali; i primi predispongono un terreno fertile su cui si possono sviluppare comportamenti errati che possono degenerare in diverse forme di dipendenza che, qualche volta, si ritrovano co-presenti nella stessa persona.
    Quando sono presenti moderne dipendenze come quella dal mezzo televisivo, infatti, si possono ritrovare anche altre forme di cosiddette "dipendenze senza sostanze" che spesso si associano ad essa, come la dipendenza da Internet o la dipendenza dagli acquisti, magari di prodotti pubblicizzati attraverso la stessa Tv (Alonso-Fernandez F., 1999).Tra i secondi assumono grande rilevanza nello sviluppo della teledipendenza due atteggiamenti comportamentali: il Teleabuso e la Telefissazione.

    Il Teleabuso
    Si intende fare riferimento ad una contemplazione quantitativamente eccessiva della televisione, che viene esercitata in modo regolare, sistematico e quotidiano. A questo proposito occorre sottolineare quanto l'ingresso tra le abitudini quotidiane di tutti dell'uso della televisione abbia reso difficile tracciare la linea di confine tra utilizzo normale della televisione e suo abuso, che può predisporre alla teledipendenza.
    La Telefissazione E' un'altra fonte comportamentale di propensione alla teledipendenza e coincide generalmente con una tendenza alla contemplazione anomala della televisione, in stanze semibuie, con un atteggiamento silenzioso e immobile, da soli o ignorando le persone presenti.
    Il comportamento descritto è estremamente determinante nell'etiologia della
    teledipendenza, in quanto comporta una propensione a lasciarsi catturare
    completamente dal messaggio televisivo, che può diventa facilmente "ipnotico".
    Il potere conferito allo strumento di comunicazione televisivo, attraverso questo
    "atteggiamento passivo di fissazione", raddoppia le potenzialità naturalmente
    ipnotiche della televisione, che possiede l'intrinseca capacità di saturare tutti i nostri canali sensoriali, creando una situazione di sovraccarico che è un'ottima base per ottenere facilmente una, più o meno lieve, alterazione dello stato di coscienza (Gamberoni G., 2002).
    Quest'ultima non deve essere considerata né una violenza televisiva, né uno statonegativo, ma può diventarlo se abitualmente diviene una condizione psicologica che media i messaggi televisivi che, in questo stato, non vengono controllati e selezionati attivamente.
    Il linguaggio televisivo comprende infatti immagini, suoni e sensazioni che possono impegnare tutti i nostri sensi e, soprattutto in soggetti predisposti e in condizioni ambientali adeguate come la penombra e il silenzio che inducono naturalmente uno stato crepuscolare, possono attivare una "confusione sensoriale" che attiva la parte emotiva del nostro cervello (l'emisfero destro), lasciando meno spazio alle aree del pensiero razionale.
    Per le stesse ragioni esposte, un comportamento altrettanto errato è quello della
    "Fissazione Anomala", ossia quello costituito dall'abitudine di guardare la
    televisione mentre si svolgono altre attività intellettuali, non tanto perché si possono limitare queste ultime, bensì per il rischio di mantenere troppo impegnato l'emisfero cerebrale sinistro, deputato alla logica e alla critica e molto utile nel filtrare i messaggi ricevuti dalla TV.
    Le differenze individuali nella suggestionabilità televisiva, la frequente presenza di televisione anche nei locali pubblici frequentati ed il suo utilizzo quotidiano per
    diverse ore, rendono sempre molto difficile comprendere quando si stia abusando della tv e quando si sia soggetti inconsapevolmente alla telefissazione.
    La difficoltà maggiore nell'individuare i comportamenti di vera e propria
    teledipendenza sta poi nella iniziale tendenza a negare il problema da parte di chi vi è soggetto in prima persona. Riconoscere la dipendenza televisiva
    Esistono degli indicatori qualitativi e quantitativi importanti per comprendere se il
    consumo del mezzo di comunicazione televisivo è eccessivo, di cattiva qualità e se,
    rispondendo ad alcuni bisogni psicologici, rischia di sfociare persino in una vera e
    propria dipendenza.
    L'abuso e la Telefissazione, infatti, non coincidono direttamente con la
    Teledipendenza, che si manifesta con una serie di comportamenti simili ad una vera e propria dipendenza da una sostanza e con la presenza persino di crisi di astinenza in assenza del suo consumo.
    Principali segni di teledipendenza:
    Abuso televisivo, con contemplazione della TV superiore alle 2-3 ore quotidiane
    Telefissazione o Fissazione Anomala;
    Euforia o esaltazione nella contemplazione delle immagini televisive dei programmi preferiti; Riduzione delle attività di svago alternative alla visione televisiva; Rarefazione dei rapporti sociali, con apatia di fronte ad inviti allettanti e sostituzione della comunicazione con i presenti con consumo di programmi televisivi, sui quali non si tollera l'interferenza e il commento;
    Appiattimento delle capacità critiche e passività mentale di fronte ai contenuti
    mediati dalla tv; Confusione tra realtà e descrizione televisiva della realtà, con accettazione di quanto detto in televisione come realtà assoluta e superiore alle altre (ricorrenti affermazioni di certezze, durante le conversazioni, testimoniate da frasi come "l'hanno detto in televisione!");
    Crisi di astinenza con nervosismo, irritabilità e agitazione ansiosa, nel momento in cui il soggetto non ha disponibile una televisione o tenta di resistere all'impulso di accenderla;
    Desiderio di acquistare prodotti pubblicizzati attraverso il mezzo televisivo;
    Preoccupazione abnorme e ricorrente associata a notizie apprese in televisione.
    La teledipendenza non è un fenomeno tutto-o-nulla, che o è presente o non lo è.
    Spesso esistono manifestazioni intermedie, legate alle caratteristiche di personalità di un individuo, in cui l'astinenza si manifesta in modo più contenuto e più come sofferenza interiore. In altri casi il problema può comportare comportamenti eclatanti e irrazionali come l'affitto di un televisore o la richiesta di un "prestito televisivo" ad un amico, nei casi di guasto al proprio apparecchio televisivo, o anche il consumo contemporaneo di più programmi con diversi apparecchi televisivi.
    Inoltre, non tutti i teledipendenti sono uguali perché, sebbene i fattori comportamentali che predispongono alla teledipendenza siano sempre presenti,
    esistono delle differenze individuali legate ai motivi psico-sociali che hanno
    alimentato questo tipo di comportamento, intrecciandosi alla storia individuale della persona che ne è vittima.
    Infatti, mentre alcune persone non tollerano alcun tipo di interferenza nel corso di programmi televisivi che rappresentano fonte di modelli da apprendere o strumenti per soddisfare virtualmente i propri bisogni frustrati, altri utilizzano la teledipendenza per vincere la solitudine e sono meno interessati ai contenuti veri e propri, ponendo maggiore attenzione alla compagnia virtuale nella quale consentono con piacere le interferenze di amici reali.
    I comportamenti descritti come sintomi della dipendenza televisiva lasciano
    chiaramente intendere come siano naturalmente predisposte alla teledipendenza le persone che hanno una storia personale connotata da una rete sociale reale ridotta o di cui fruiscono poco.
    Questo spiega perché le "categorie maggiormente a rischio" siano gli anziani, le
    persone con insicurezze relazionali o che per particolari ragioni (stanchezza
    lavorativa, esigenze emotive o personali di stare soli per un periodo…) riducono
    i contatti relazionali con il mondo esterno.
    Inoltre, esistono due rischi importanti che la teledipendenza, come l'abuso televisivo, porta con sé: la predisposizione ad altre moderne dipendenze nei confronti delle quali la televisione può svolgere un'azione induttiva (es. dagli acquisti o dal sesso) e la vulnerabilità alle notizie catastrofiche, con conseguente propensione a lasciarsi coinvolgere nelle psicosi collettive, come la paura del contagio di alcune malattie o il terrore di guerre e catastrofi imminenti (Ricciardi M., 2003).”
    Il primo sintomo della sindrome della "teledipendenza" è la rarefazione dei rapporti personali.
    Mentre un tempo la gente era solita incontrarsi di sera o durante il giorno,
    oggi ciò accade sempre meno frequentemente. Si preferisce guardare la TV che non invitare un amico a casa: non servono sforzi per accoglierlo degnamente, non occorre partecipare attivamente a discussioni. Lo stesso discorso vale anche nell’ambito familiare: a cena, invece di discutere sulla giornata passata o sui problemi della famiglia, si preferisce stare muti guardando un film…
    Altro sintomo, non meno importante, è la manipolazione delle coscienze.
    Conseguentemente alla costante presenza della televisione nella vita di un persona, la morale di quest’ultima viene dettata ed influenzata dai messaggi televisivi in maniera molto efficace: una mamma si sente in colpa per aver preferito un formaggino meno costoso invece di quello pubblicizzato in TV, che secondo gli spot è il migliore; un uomo crede, anche se inconsciamente, che, utilizzando il dopobarba reclamizzato in televisione, sarà più virile ed avrà più successo nella vita; un ragazzo, vedendo in televisione che ogni persona "con carattere" fuma, anche se è perfettamente conscio degli effetti nocivi sulla salute che hanno le sigarette, inizia a fumare egli stesso, pur di non apparire di fronte ai suoi coetanei come un inferiore. Sono solo alcuni semplici esempi dell’incredibile efficacia che la televisione può avere nel manipolare il nostro subconscio – inconscio. A questo concetto può essere legato anche quello di televisione come mezzo incentivante al conformismo. Se tutti noi vediamo le stesse cose e con lo stesso punto di vista siamo disposti ad allineare il nostro pensiero su un fronte comune. Le idee personali ed originali non sono più accettate come prima, perché troppo distanti dal pensiero della massa. Chi non si veste allo stesso modo dei suoi simili, non parla il loro linguaggio e non fa le stesse cose, è purtroppo visto come un diverso da escludere dal gruppo.
    Grazie alla possibilità di far ciò che si vuole far vedere e dire ciò che si vuole dire, la TV riesce anche a deformare la realtà. I telegiornali, i film ed i documentari espongono solo la parte che interessa rispetto al globale, e quindi allo spettatore passivo viene mostrata solo un faccia della realtà. In questo modo il messaggio che si vuole lanciare sarà molto più efficace di uno che si disperde a descrivere la totalità di un fatto.
    Tutte queste caratteristiche senz’altro negative vengono accomunate dal concetto di "teledipendenza". La media delle ore trascorse guardando televisione varia dalle 3 alle 6 ore, a seconda della fascia di età e dal livello culturale. Molti soggetti sentono una fastidiosa sensazione di "vuoto", di non realizzazione quando vengono privati del televisore. A volte si è disposti a vedere anche le cose più banali, pur di non ammettere che la TV, a volte, è meglio spegnerla.
    Naturalmente non si può solamente screditare in mezzo cosi importante come la
    televisione elencandone solo le caratteristiche negative. Dobbiamo ricordare che è grazie alla TV che negli anni 50 – 60 l’Italiano si è potuto diffondere in tutta la
    nazione. Prima di questa data, infatti, era solo, come disse Mettenich, "un’espressione geografica": non era presente una lingua parlata da tutti, non esisteva una forte identità nazionale, a differenza degli altri paesi europei. Tutto ciò si è potuto ottenere in gran parte per merito della televisione.
    Oggi poi non si potrebbe immaginare un villaggio globale senza televisione, che
    diffonde notizie ed informazioni in tempo reale.
    Ecco quindi che, come tutti gli strumenti, anche la TV ha lati positivi e negativi.
    Sarebbe difficile eliminare i difetti andando ad agire direttamente sul mezzo
    televisivo, che, per la sua conformazione, più di una certa misura non può essere cambiato. Bisognerebbe invece agire sulla società in generale, cercando di modificare la cultura dell’immagine a tutti i costi e convincere la gente ad avere un visione globale e non unidirezionale di ciò che la circonda.
    Verso la tele-indipendenza: prevenzione, limitazione e cura della teledipendenza
    A questo punto si possono tracciare alcune regole che possono aiutare a stabilire un rapporto equilibrato nella fruizione della televisione, al fine di prevenire o ridurre la teledipendenza, soprattutto se si ritiene di rientrare nelle "categorie a rischio", anche temporaneamente.
    Le stesse regole sono utili per migliorare il consumo televisivo nell'infanzia, affinché la tv non diventi quello che è stato più volte chiamato provocatoriamente "il terzo genitore", nonché per limitare gli effetti negativi che si associano all'abuso televisivo, tra i quali i più noti sono la passività mentale, il pensiero sintetico, l'obesità, la propensione ad imitare modelli inadeguati e le fobie di eventi catastrofici (D'Amato M., 1997).
    Regole per prevenire o ridurre gli effetti della teledipendenza:
    Limitare la dose massima di esposizione giornaliera televisiva a due-tre ore. Nei
    bambini è importante la mediazione degli adulti nella codifica dei messaggi televisivi evitare ogni forma di Telefissazione o di Fissazione Anomala della tv, guardando la televisione con una idonea postura e luminosità, senza svolgere contemporaneamente lavori intellettuali avere altri hobbies alternativi e lasciare spazio ad attività creative e attive nel corso della settimana Mantenere attivi i contatti sociali Confrontare le notizie televisive con quelle provenienti da altre fonti, mantenendo un atteggiamento logico e una visione globale dei fenomeni
    Quanto detto fino a questo momento consente di comprendere come la
    teledipendenza possa rappresentare un fenomeno temporaneo o semplicemente il risultato di abitudini sbagliate e di modalità compensatorie con cui si affrontano
    alcuni bisogni personali.
    In alcuni casi è possibile regolare le proprie abitudini autonomamente per far
    scomparire il fenomeno nel giro di poco tempo, lasciando spazio anche ad altre
    attività più creative.
    In altri casi, soprattutto quando questa dipendenza si associa ad altre, diventa
    necessario un trattamento specifico che può richiedere anche un cambiamento globale delle proprie abitudini di vita.

    L’INTERNET DIPENDENZA
    La dipendenza da Internet o Internet dipendenza, meglio conosciuta nella letteratura psichiatrica con il nome originale inglese di Internet addiction disorder (IAD), è un disturbo compulsivo.
    La dipendenza da Internet o Internet addiction è in realtà un termine piuttosto vasto che copre un'ampia varietà di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi.
    Secondo il Center for Online Addiction statunitense sono stati infatti riconosciuti 5
    tipi specifici di dipendenza da Internet:
    1. Dipendenza cibersessuale (o dal sesso virtuale): gli individui che ne soffrono
    sono di solito dediti allo scaricamento, all'utilizzo e al commercio di materiale
    pornografico online, o sono coinvolti in chat-room per soli adulti.
    2. Dipendenza ciber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): gli individui che
    ne sono affetti diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere un adulterio virtuale.
    Gli amici online diventano rapidamente più importanti per l'individuo, spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici.
    In molti casi questo conduce all'instabilità coniugale o della famiglia.
    3. Net Gaming: la dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria
    di comportamenti, compreso il gioco d'azzardo, i videogame, lo shopping e il
    commercio online ossessivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i casinò
    virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d'asta o le scommesse su Internet, soltanto per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri doveri relativi all'impiego o rapporti significativi.
    4. Sovraccarico da informazioni: la ricchezza dei dati disponibili sul World
    Wide Web ha creato un nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto
    riguarda la navigazione e l'utilizzo dei database sul Web. Gli individui spenderanno sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e nell'organizzazione di dati dal Web.
    A questo comportamento sono tipicamente associate le tendenze compulsiveossessive ed una riduzione del rendimento lavorativo.
    5. Dipendenza dal computer: negli anni '80 giochi quali il Solitario e il campo
    minato furono programmati nei calcolatori ed i ricercatori scoprirono che il gioco
    ossessivo sul computer era diventato un problema nelle strutture organizzate, dato che gli impiegati spendevano la maggior parte del giorno a giocare piuttosto che a lavorare.
    Questi giochi non sono interattivi né giocati in rete.
    Come ha affermato la dott.ssa Kimberly Young in un'intervista: Le relazioni virtuali differiscono dalle relazioni della vita reale: l'anonimato, la rimozione delle barriere geografiche, il miscuglio culturale sono le differenze più importanti che sono state notate.
    In più del 70% dei casi la IAD può essere indotta da alcuni tipi di disturbi psichici
    preesistenti. I fattori di rischio includono una storia di dipendenza multipla,
    condizioni psicopatologiche come depressione, disturbo ossessivo compulsivo,
    disturbo bibolare, compulsione sessuale, gioco d'azzardo patologico, o fattori
    situazionali, come burnout da lavoro, contrasto coniugale o abuso infantile.
    Nel 2004 l'Esercito finlandese ha rivelato che permette ad alcuni coscritti di posporre per tre anni lo svolgimento del servizio militare a causa della loro dipendenza dai giochi per computer e da Internet.
    La psicologa, Dott.ssa Anna Fata di Monza, spiega le fasi che conducono alla vera e propria patologia, con le relative caratteristiche:
    1. Fase Tossicofilica: caratterizzata dall'incremento delle ore di collegamento, con conseguente perdita di ore di sonno, da controlli ripetuti di e-mail, siti preferiti, elevata frequenza di chat e gruppi di discussione, idee e fantasie ricorrenti su Internet, quando si è off line, accompagnati da malessere generale;
    2. Fase Tossicomanica: con collegamenti estremamente prolungati, al punto da
    compromettere la propria vita socio-affettiva, relazionale e lavorativa o di studio.
    I soggetti maggiormente a rischio hanno un'età compresa tra 15 e 40 anni, con un elevato livello di conoscenza degli strumenti informatici, isolati per ragioni lavorative (es. turni notturni) o geografiche, con problemi psicologici, psichiatrici o familiari preesistenti.
    Il tipo di personalità predisposto a sviluppare tale disturbo è caratterizzato da tratti ossessivo-compulsivi, inibito socialmente, tendente al ritiro, per il quale la Rete rappresenta un modo per fuggire dalla realtà.
    L'abuso di Internet sarebbe determinato da un senso di vuoto, da un vissuto di
    solitudine e dalla difficoltà di investire la realtà off line. In alcuni casi estremi, la
    partecipazione alla realtà on line è finalizzata alla negazione di quella concreta,
    quotidiana, avvertita come minacciosa.
    Questa dinamica, in un certo senso, è simile a quella che si verifica nel caso della dipendenza da sostanze.
    La realtà on line offre il vantaggio di fornire gratificazioni immediate, per la sua
    disponibilità pressoché continua.
    Inoltre, l'universo virtuale rappresenta una fonte di attrazione per coloro che sono predisposti allo sviluppo anche di altre forme di dipendenza comportamentali o da sostanze.
    Infine, è stata rilevata di frequente anche tra i cosiddetti 'sensation seekers', cioè coloro che ricercano continuamente nuovi stimoli, per raggiungere un livello ottimale di attivazione.
    Si è visto che i più predisposti a sviluppare una dipendenza da Internet, spesso, hanno difficoltà relazionali. Questo è facilmente intuibile, osservando quanto avviene, ad esempio, nelle chat rooms. In esse assistiamo a relazioni estremamente mentalizzate:
    una buona parte di esse si costruiscono nella mente di chi le vive. Sono molto forti le tendenze ad idealizzare l'interlocutore, a creare un personaggio ideale, in cui le parti "mancanti", quelle che non conosciamo, vengono colmate dall'immaginazione personale. La relazione stessa risente di questa forte tendenza alla fantasmatizzazione.
    La comunicazione nelle chat è dominata dalla sensazione, spesso illusoria, di essere capiti e di capire, di condividere le emozioni proprie ed altrui. L'illusorietà, molto spesso, si rende evidente nel momento in cui si decide di abbandonare l'ambiente virtuale per quello reale. Spesso quello che accade e che si tende a comprendere solo a posteriori è che la comunicazione, fino a quel momento, è stata interiorizzata e rivolta prevalentemente a se stessi.
    La modalità di conoscenza on line sembra fornire anche la falsa impressione di poter conoscere in brevissimo tempo una persona. Tale modalità sembra essere in grado di annullare la quantità di tempo necessaria per la conoscenza reciproca, l'incertezza e le piccole frustrazioni che si incontrano progressivamente in tale processo. Eppure, si tratta di una convinzione errata: non a caso, una parte delle relazioni instaurate on-line non riescono a superare la prova della realtà.
    Terapie
    Le terapie ritenute più efficaci per curare la Internet dipendenza sono sostanzialmente le stesse impiegate per gli altri tipi di dipendenza: tra esse la terapia cognitivo comportamentale, il tradizionale gruppo di supporto "dei 12 passi" e la terapia coniugale o familiare, a seconda dei casi.
    Negli Stati Uniti viene utilizzata anche la psicoterapia online, o per meglio dire il
    Counseling online. Tale pratica però è attualmente vietata in Italia agli psicologi, per disposizione del loro Ordine professionale, in attesa di una regolamentazione
    normativa.
    Un sondaggio per la internet dipendenza David Greenfield ha condotto il più grande sondaggio mai fatto on-line. Argomento:
    la Internet-dipendenza. E ha scoperto che una percentuale preoccupante di navigatori che passa intere giornate al computer è "drogata" dal Web. Un'ossessione che può influenzare negativamente vita, lavoro e le persone vicine. In Rete infatti si cerca intimità, si mente, si flirta e si va anche oltre. Il problema numero uno? L'infedeltà.
    Quando qualcuno ti dice "ma non è che stai troppo su Internet?" alziamo sempre le
    spalle: "Ma no, sono abituato...". Ma come tutte le abitudini (anche per necessità di
    lavoro) l'insidia è dietro l'angolo: dove finisce la normalità e dove inizia l'ossessione?
    David Greenfield, psicologo di West Hartford nel Connecticut (Usa), ha messo in rete l'anno scorso un questionario di 36 domande sul sito dell'Abcnews per vedere quanto (e soprattutto come) la gente spende il suo tempo chattando, controllando le e-mail e navigando su Internet. Risultato? Allarme rosso. Perché una buona fetta di navigatori diventa schiava del monitor, trasformando semplici chiacchierate via chat e mini-flirt virtuali in una assoluta necessità vitale. Insomma una droga che può alterare e influenza vita e relazioni sociali. Come la tv, ma con una differenza: che su Internet la mancanza di limiti può diventare una spirale senza uscita.
    Manco a dirlo molti dei pazienti di Greenfield sono persone che presentano disordini
    psichici per eccessivo o errato uso del computer e della Rete. Ma non bisogna pensare che si tratti di pochi elementi fragili e psicolabili. Hanno risposto in 18 mila, e in appena due settimane: si tratta del più grande sondaggio comportamentale mai fatto su Internet. E ne è uscito un bel 6 per cento di utenti Internet nella categoria
    "intossicati" e un 10 per cento sotto la voce "abuso": cioè l'uso eccessivo della Rete li influenza ma non provoca gravi modifiche sociali. Il sistema usato è lo stesso previsto per studiare i giocatori d'azzardo patologici. Domande tipo: l'uso di Internet ha portato cambiamenti negativi nella tua vita, ha alterato il tuo umore, ti ha portato a mancare alle tue responsabilità, ti ha causato problemi di soldi o lavoro o con la famiglia?
    Prima scoperta: parte di questi "internet-dipendenti" hanno problemi psicologici più o meno nascosti, come depressione o disordini vari della personalità. Ma al di là dei casi latenti, dove Internet probabilmente fa solo da motivo scatenante (il problema caso mai è che il Web è un mezzo scatenante: andare in bicicletta o nuotare in piscina non hanno lo stesso effetto...), resta l'eccesso di uso della Rete. Che per molti specialisti è comunque un problema, destinato tra l'altro a crescere con la stessa velocità affannosa di crescita del Web.
    Ma cosa fa di Internet una "seduzione pericolosa"? Certo l'aspetto visuale è
    importante, spiega Greenfield. Ma anche scambiare e-mail e chattare pesano molto.
    "E' un po' come scrivere lettere d'amore, solo che qui le parole hanno maggiore forza di quelle su carta perché quando le persone fissano il video sono soggette a una forma di 'trance dissociativo', insomma un effetto ipnotico". In altre parole metti insieme colori, movimento, suoni, infinita disponibilità di informazioni e risposte istantanee e "ottieni una combinazione molto potente e seduttiva". E la seduzione spesso continua anche a modem spento, visto che chi ricade nella categoria "internet-dipendenza"
    spesso arrivano a incontrare personalmente chi ha contattato in Rete. Cosa in fondo normale ma non del tutto esente da pericoli.
    Nello studio di Greenfield infatti il 50 per cento di chi ha risposto ammette di mentire abitualmente on line, in genere sull'età (Il 45enne: "Hai 28 anni? Ah, ma guarda, io 30"), aspetto (L'inguardabile bruttona: "Beh, ho gli occhi azzurri, capelli biondi e gambe lunghe insomma sono caruccia"), peso (Il semi-obeso: "Ho qualche chilo di troppo, cosa vuoi...") stato civile (Moglie-tre-figli-e-suocera-in-casa: "...e sei sposato?" "Io? Ci mancherebbe..."). Kimberly Young, psicologo del Centro per la Internetdipendenza di Bradford, in Pennsylvania, ha notato che Internet può aumentare eventuali problemi di rapporto di coppia già esistenti, ma a volte provocarli. Per Young, che ha scritto un libro sull'argomento, il problema numero uno relativo all'eccessivo uso del Web "è l'infedeltà". Al punto che sta conducendo uno studio su quanto la Rete influenzi la frequenza dei divorzi.
    Anche per Greenfield infatti "la condivisione dell'intimità è il motivo principale per
    cui la gente si collega alla Rete". E "le chat sono quelle che danno maggiore
    dipendenza". La metà di chi ricade nella categoria "drogati da Internet" e si dedica al cybersex probabilmente prima o poi contatterà l'altra persona via telefono e la incontrerà direttamente. "La geografia non è mai una barriera -dice Greenfield - Anzi, le persone spesso si incontrano dopo aver percorso grandi distanze. E anche questo è un aspetto del tutto nuovo...".
    Come le persone "Internetdipendenti" passano il loro tempo on line in base al
    sondaggio di Greenfield (utenti Usa):
    Chattando: 57%
    Navigando: 78%
    Giocando: 62%
    Scambiando e-mail: 75%
    Shopping: 20%
    Percentuali di attività a sfondo sessual-sentimentale fra gli Internetdipendenti (fra gli utenti normali, cioè non "ossessionati" dalla Rete, le percentuali sono nettamente inferiori):
    Flirt: 55%
    Dialoghi sessualmente espliciti: 40%
    Masturbazione: 40%
    Relazioni on line: 30%
    Percentuale di contatti telefonici e relazioni sessuali che seguono a quelli on line:
    Telefonate: 50% (20% fra gli utenti non-dipendenti)
    Contatti sessuali: 30% (15%)
    CONCLUSIONE FINALE
    Concludendo vorrei fare le mie ultime riflessioni ed esporre il mio punto di vista.
    Innanzitutto inizio dicendo che mi ha interessato moltissimo approfondire
    l’argomento degli effetti che possono essere scaturiti dai potenti canali
    di trasmissione di informazione, nonché delle dipendenze da internet e dalla
    televisione.
    La vita odierna soprattutto nelle grandi città porta alla mancanza del contatto con il vicino di casa portandoci ad un isolamento volontario.
    questo comporta una ricerca (poichè l'essere umano solo non può stare) del suo simile nel grande canale della rete.
    Basta guardarsi intorno per rendersi conto quante persone (ragazzi soprattutto) sono incollati al loro cellulare e non tanto nel dialogare ma quanto nel messaggiare così isolandosi dal mondo che li circonda.
    la stessa cosa riguarda il campo dei videogiochi, dove dei genitori incoscienti abbandonano i loro figli davanti alle console anche per ore intere pur di avere qualche ora libera per sè stessi.
    I videogiochi inducono comportamenti e pensieri aggressivi

    Videogiochi & violenza
    La strategia per condizionare e deviare le menti dei giovani
    Marcello Pamio – 8 marzo 2007 - www.disinformazione.it

    L’argomento “Videogiochi & violenza” è un argomento ostico e delicato e per questo attaccabile da coloro che non comprendono, o non vogliono comprendere, l’importanza enorme che invece ha nel condizionamento della nostra società, soprattutto quella giovanile.
    Inizio con una breve analisi storica dell’evoluzione dei giochi, per evidenziare come nel corso di soli trent’anni, la tecnologia ha reso possibile il passaggio da giochi semplici a strutture complesse e impressionantemente realistiche.
    I videogiochi nascono agli inizi degli anni ’60 da un gruppo di ricercatori del M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology di Boston) che inventano lo Spacewar, un gioco in cui due navicelle spaziali si sparano a vicenda attorno ad una stella. La grafica per le potenzialità limitate dei computer dell’epoca è molto scadente e semplice: sfondo nero e astronavi bianche, ma nonostante questo ebbe una diffusione enorme.

    Spacewar del 1962 Pong degli anni ‘70 Si dovrà attendere circa 10 anni, perché venga prodotto il primo “videogioco di massa”: il famosissimo Pong della Atari (prima casa produttrice a livello mondiale).
    Il gioco consiste nel colpire una pallina, rappresentata da un quadratino (anche qui la grafica è scadente). Gioco estremamente semplice e ripetitivo.
    Passano gli anni e la tecnologia elettronica (ricaduta militare) fa passi da gigante.
    Intorno agli anni ‘70, per la precisione nel 1975, nasce l’Altair 8800 seguito poi da IMSAI 8080. Nasce il Personal Computer, il 5100 della IBM con 16Kb di memoria e monitor a 16 linee x 64 caratteri.
    Il 1976 vede sul mercato addirittura 50 microprocessori (in pratica l’unità centrale di processo del computer) delle principali marche: Intel, Ami, Motorola, Rca, Rockwell, Toshiba, ecc.
    Questo stesso anno la Apple , fondata da Steves Jobs e Steve Wozniak, apre i battenti con l’Apple I il cui costo è 666.66$ (prezzo simbolico alquanto interessante) e la Microsoft inizia la sua ascesa diventando l’impero mondiale del software.
    I processori, mese dopo mese, si fanno sempre più veloci e le risoluzioni dei monitor sempre più elevate. Con la crescita delle prestazioni hardware, naturalmente, cresce anche la qualità software che implica sempre più realismo.

    Vediamo adesso alcuni dei principali giochi.
    Nel 1991 la ditta Capcom commercializza il primo videogioco della serie “picchiaduro”: Street Fighter II.

    Un classico combattimento di Street Fighter II

    Scopo del gioco: abbattere, sconfiggere l’avversario attraverso una serie di mosse e/o armi.
    Le mosse sono sempre le stesse, come pure le armi (l’arma è caratteristica di ogni personaggio scelto) e questo comporta ripetitività e mosse sleali. Vince chi abbatte tutti i “nemici”.

    L’anno successivo la Midway Games sforna, sempre della categoria del “picchiaduro”, il famosissimo Mortal Kombat. Questo gioco ha fatto così successo che è stato portato perfino sul grande schermo con ben 3 film (1995, 1997 e 2007).
    Nel gioco, la Terra è in pericolo perché il perfido stregone Shang Tsung al servizio dell’imperatore di Outworld, un mondo tenebroso, è vicino alla realizzazione del suo sogno: ridurre l’umanità in uno stato miserevole, come quello di Outworld. Per evitare tutto questo, il protagonista deve vincere per 10 incontri i mostri che gli si pareranno davanti.

    Scena violenta di Mortal Kombat Deception Locandina del gioco. Da notare la scritta ARMAGEDDON e simboli come il drago Oltre ad un simbolismo molto oscuro iniziano ad apparire scritte evocanti, come per esempio Armageddon, che - guarda caso - troveremo più avanti anche in altri giochi, e il sangue inizia ad essere il comun denominatore.

    Nel 1993, prodotto dalla ID Software, esce il cruentissimo DOOM.
    Il giocatore indossa i panni di un marine statunitense deportato sul pianeta Marte. Qui si troverà a combattere, con fucili a pompa, motoseghe e armi al plasma, contro gli stessi compagni “mutati” in zombie e le creature infernali che hanno invaso la colonia.

    Scena sanguinolenta del gioco DOOM Locandina del gioco DOOM Altissimi sono i livelli di violenza in questo videogioco, come pure numerose sono i riferimenti a Satana e questo ha scatenato negli States una forte protesta.
    La cosa che ha fatto rizzare i capelli (ma che pochi sanno) è che gli autori del massacro alla scuola superiore di Colombine (che ha ispirato il documentario di Michael Moore) erano sfegatati proprio di questo videogioco! Non solo, addirittura Eric Harris, uno dei due criminali, aveva riprogrammato il gioco con la riproduzione virtuale del suo ambiente scolastico!
    E’ d’obbligo precisare a questo punto che Harris era in “cura” con psicofarmaci come Luvox, molto simile al Prozac. Droghe legali che hanno pesantissimi effetti collaterali, aggravano depressioni, aumentano il rischio di suicidio e l’aggressività.

    Siamo nel 1996 e il mondo viene letteralmente inondato dai Pokemon, della giapponese Nintendo.
    Qualcuno potrebbe obiettare che i piccoli mostricciatoli nipponici sono simpatici e buoni e non possono rientrare in questa analisi! Ma non è così.

    Il mostriciattolo Pikachu, all’apparenza simpatico e buono nasconde invece una cattiveria profonda Tale gioco, mirato ovviamente ai piccolissimi, ha partecipato invece alla promozione di istinti violenti. Pokemon, contrazione di Pocket Monsters (piccoli mostri o mostri tascabili), è un sistema articolato di videogiochi, figurine e film che ha lo scopo di inculcare nella mente dei bambini (che diventano subito dipendenti) delle regole a cui essi poi si rifaranno nel mondo reale. «La prima è quella di uccidere, ammazzare soprattutto i poveri, prima che quelli diventino briganti che ammazzano te»[1]
    «Nell’universo Pokemon si ammazza in tanti modi, ad esempio c’è chi succhia via l’anima del nemico, chi spara palle di fuoco, ecc. In sostanza le regole sono quelle di rendere la vita sociale del tutto meccanicistica»[2]
    Alla faccia dei simpatici mostricciatoli!

    Nel 1997 la SCI presenta al pubblico un orribile gioco automobilistico chiamato Carmageddon in cui si acquistano punti investendo con la macchina pedoni e/o animali che attraversavano la strada o che camminavano lungo i marciapiedi. Furono così tante le polemiche che la casa di produzione dovette modificare gli uomini con zombie; come se sostituendo le persone con mostri avessero risolto il problema del modello criminale rappresentato e incarnato (carma) da tale gioco.

    Il giocatore ha appena schiacciato dei passanti Locandina (molto satanica) del gioco Da notare anche in questo caso il gioco di parole Carmageddon, Carma e Armageddon che ricorda la battaglia finale citata nell’Apocalisse

    Il XXI secolo inizia molto bene: esce Hitman, un gioco della IO Interactive.
    Gioco questo che ha scatenato un vero e proprio putiferio. Il famoso editorialista del Corsera, Gian Antonio Stella lo ha aspramente attaccato perché «consente di uccidere il padre». A rincarare la dose ci pensa il senatore di AN Michele Bonatesta, che ha chiesto alla magistratura il sequestro per istigazione a delinquere affermando che si tratta di un «videogioco criminale che non solo, come tanti altri, incita irresponsabilmente i giovani alla violenza e all’assassinio, ma addirittura insegna ad ammazzare il proprio padre».

    Scena del gioco, in cui il protagonista sta per uccidere una persona con il martello! Locandina di Hitman. Le mani del protagonista con 2 pistole formano una croce In effetti lo scopo del gioco non è proprio pedagogico: si è un killer a pagamento incaricati di uccidere di volta in volta soggetti diversi.

    Nel 2005 la Microsoft di William Henry Gates III, meglio noto come Bill Gates, esce con Gears of War, un gioco osceno pieno di violenza d’ogni genere.
    I giocatori, proiettati in un futuro fanta-horror, lottano per la sopravvivenza contro il Locust Horde, una razza di creature uscite direttamente dalle viscere del pianeta.
    Anche in questo caso la violenza e le scene orride sono all’ordine del giorno.

    Uno dei tanti mostri orrendi da annientare Locandina di Gears of War. Sempre immagini di morte Per ultimo, nel 2006, Rule of Rose, un horror psicologico della giapponese Punchline.
    Un gioco a tinte fosche, in cui una ragazza durante un viaggio in autobus si ritrova vittima di uno scherzo ad opera di un misterioso bambino. Successivamente verrà catapultata in un universo di perversione (in cui si scontrerà anche con dei pedofili) dove i protagonisti sono dei bambini nefasti!
    In pratica in questo games, si vuole terrorizzare il giocatore-spettatore non con zombie e/o mostri ma con i bambini stessi! Per capire la pericolosità è bene evidenziare che sono state fatte interpellanze parlamentari affinché venga tolto dal commercio.

    Questa disamina è incompleta per via della mancanza di decine di altri videogiochi violenti, ma certamente sufficiente per comprenderne la portata e l’assoluta importanza nella formazione ed educazione dei bambini.

    Adesso vedremo infatti quali implicazioni hanno questi videogames sulla psiche e sul comportamento dei ragazzi.
    Numerose sono le ricerche scientifiche che mettono in guardia sull’impatto devastante e pericoloso di simili immondizie mentali:

    All’Università di AAchen in Germania, un gruppo di ricerca guidati dal Dott. Klaus Mathiak ha evidenziato che «l’esposizione a videogiochi violenti produce la stessa attività cerebrale provocata da un evento pericoloso e potenzialmente aggressivo»
    In pratica, sottoponendo il cervello a risonanza magnetica durante le sedute ludiche è emerso – esattamente come nel caso di un pericolo reale - «sia l’amigdala che la corteccia anteriore si spengono in ogni occasione di violenza digitale». Quindi il cervello preparerebbe - neurochimicamente parlando - il corpo a reagire con aggressività alla minaccia incombente, anche se in questo caso la minaccia è assolutamente virtuale!

    Dello stesso parere il neurobiologo tedesco Niels Birbaumer, che dalle colonne del New Scientist, afferma che «i giochi sanguinolenti alimentino abitudini aggressive».
    All’Università del Michigan hanno dimostrato le medesime cose: i «videogiochi violenti possono condurre a schemi di attività cerebrale che possono essere caratteristici del pensiero aggressivo». Su 600 ragazzi tra i 13 e i 14 anni, è risultato che tra loro quelli che più degli altri avevano giocato con video violenti, risultavano avere un atteggiamento più ostile nei confronti di insegnanti e autorità in genere!

    I giochi violenti alterano lo stato emotivo, provocando sovreccitazione, inibendo l’autocontrollo riducendo la capacità di concentrazione e le capacità razionali.

    Un altra cosa molto importante, riportata dal Journal of Experimental Social Psycolology è che chi «utilizza videogiochi ‘violenti’ e ‘cruenti’, sarebbe predisposto ad una tendenziale ‘desensibilizzazione’ nei confronti della violenza reale». Dopo aver fatto giocare in maniera causale 257 studenti del College a videogame violenti (Carmageddon, Duke Numen, Mortal Kombat, Doom, ecc.) e non violenti (Pinball, ecc.) è stato chiesto loro di assistere a un video di 10 minuti contenente scene reali di violenza (tratte da tivù, filmati della polizia, ecc.). Il risultato - scontato ma agghiacciante - è la minore sensibilità alle scene di violenza reale dagli studenti che avevano giocato con videogiochi violenti.
    Risultato: chi gioca con i videogiochi violenti rischia di diventare meno sensibile alla violenza reale, e addirittura più violento e "cattivo" nella gestione delle relazioni interpersonali.

    Ricapitolando: la violenza virtuale (indotta) dei videogiochi ha provoca i seguenti effetti:

    - Produce la stessa attività cerebrale provocata da un evento pericoloso e aggressivo reale;
    - Alimenta abitudini aggressive;
    - Alimenta atteggiamenti ostili verso gli insegnanti e le autorità;
    - Inducono schemi di pensiero, caratteristici del pensiero aggressivo;
    - Riducono la capacità di concentrazione e le capacità razionali;
    - Diminuisce la sensibilità alla violenza reale;
    - Aumentano le difficoltà di gestione delle relazioni interpersonali;

    In tutto questo è necessario per completezza sottolineare l’importanza e le implicazioni della televisione, perché i videogiochi sono solo la punta dell’iceberg che incolla i bambini davanti allo schermo e trasmette loro messaggi devianti!
    I programmi televisivi impiegano composizione delle immagini, sequenze, frequenze e colori appositamente calibrati per causare la totale dipendenza. Dipendenza non solo di tipo commerciale, per vendere un prodotto piuttosto che un altro, ma anche psicologica e comportamentale.

    Se a tutta la violenza indotta dai videogiochi, aggiungiamo quindi anche quella veicolata dalla televisione, il quadro si fa molto più completo e assai preoccupante. Ogni anno un bambino assiste almeno a 100.000 scene di violenza (dati molto sottostimati), in forma di film, documentari, reality, ecc.
    Con tutta questa violenza, e con l’assenza sistematica dei genitori (impegnati ad affrontare difficoltà economiche di sopravvivenza), i bambini sostituiranno il modello e i punti di riferimenti famigliari con beceri e squallidi personaggi virtuali presi dai cartoon, dallo spettacolo, dal cinema, dalla musica, dall’intrattenimento (come i demenziali e totalmente finti protagonisti del Wrestling), ecc.

    Privi di un serio modello, lasciati soli e in balia di un sistema mediatico vergognoso improntato sulla violenza e la libera pornografia, come potranno crescere questi bambini?
    Capirete che lo scopo finale rientra in una strategia occulta mirata ad istupidire e assopire la popolazione (partendo soprattutto dai bambini che saranno gli adulti di domani), rendendola desensibilizzata moralmente e culturalmente e deviandola verso dei precetti precisi: sesso (pornografia), violenza (droga) e soldi (illusione della ricchezza e miraggio di felicità).
    Una strategia che punta direttamente, e non casualmente, ai bambini, rendendoli apatici, ripetitivi, irrazionali, violenti e soprattutto aggressivi. Il tutto isolandoli dalla società per meglio distruggere la capacità di socializzazione.

    In poche parole: modificano il comportamento dei bambini (adulti in divenire), per controllarli e manipolarli in futuro!
    E’ arrivato il momento quindi che i genitori, i quali dovrebbero innanzitutto essere educatori, comprendano l’importanza e soprattutto la devianza di un Sistema creato ad arte (tivù, videogiochi, ecc.).

    Articoli per approfondire l’argomento:

    - “Bambini psico-programmati” di Antonella Randazzo, 27 dicembre 2006 www.disinformazione.it/bambini_psicoprogrammati.htm
    - “La nuova violenza figlia dell’utopia mondialista”, 2 giugno 2000 Movisol, www.movisol.org/pokemon.htm

    [1] “La nuova violenza figlia dell’utopia mondialista”, Movisol.
    _________________________________________
    Qui riportiamo degli indirizzi validi dove poter effettuare dei test psicologici

    http://www.paginainizio.com/test/sesso/index.htm

    http://www.paginainizio.com/test/stress/index.htm

    http://www.paginainizio.com/test/etamentale/index.htm

    http://www.paginainizio.com/test/internet/index.ht

    Edited by Centro Benessere Kundalini - 10/2/2009, 10:43
     
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