l'Italia importa Latte da Ue e Cina

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    LA DENUNCIA
    Latte, crollano i consumi
    ma l'Italia importa da Ue e Cina

    Siamo tra i maggiori produttori europei di formaggi, ma il 40% del latte fresco utilizzato dall'industria casearia proviene dall'Unione europea.

    Quello in polvere, presente in molti preparati, può provenire anche dalla Cina. E non sempre è certificato

    di MONICA RUBINO

    Latte, crollano i consumi ma l'Italia importa da Ue e Cina

    Calano i consumi di latte nel nostro paese e si acquista anche meno parmigiano, il prodotto del made in Italy che vanta il maggior numero di imitazioni all'estero. In picchiata il burro e la panna, ritenuti dannosi per la linea, mentre aumenta la richiesta di yogurt, prodotti probiotici e formaggi magri e spalmabili. Sono i dati emersi dal convegno "Milk in progress", un tavolo di confronto promosso da tutti i protagonisti della filiera lattiero-casearia (allevatori, industria della trasformazione, veterinari, distribuzione e consumatori) che ha fatto il punto sullo stato di questo importante settore dell'industria italiana.

    Il nostro paese è uno dei maggiori produttori europei di latte e formaggi e i dati Ismea (Istituto di ricerche per il mercato agricolo e alimentare) confermano che a trainare il mercato dell'agroalimentare nazionale è proprio la filiera lattiero-casearia. Nel 2009 il settore ha prodotto in allevamento 5,4 miliardi di euro, nella fase di trasformazione 14,380 miliardi mentre il ricavo dai consumi è stato di 21 miliardi di euro. Nonostante questo eccellente primato "Il 40% del latte utilizzato per preparare mozzarella e formaggi proviene dagli altri paesi dell'Unione europea - spiega Nino Andena, presidente dell'Associazione italiana allevatori (Aia)- La nostra produzione, infatti, è vincolata dalle quote latte imposte dall'Ue, pertanto siamo obbligati a importare anche se non ne avremmo bisogno". Per non parlare poi del latte in polvere, impiegato nella trasformazione di una grande quantità di alimenti, che arriva da paesi extraeuropei, Australia, Usa, Nuova Zelanda e Cina. Dopo lo scandalo, due anni fa, del latte cinese per bambini alla melamina (sostanza tossica usata per le colle), è stato disposto dal ministero della Salute il controllo di tutti gli alimenti provenienti dalla Cina che contengano più del 15% di latte in polvere. Il monitoraggio è affidato ai Carabinieri dei Nas e, fortunatamente, il bilancio dei controlli ufficiali mostra un quadro rassicurante. La presenza di prodotti contenenti melamina sul territorio italiano risulta, infatti, estremamente contenuta e limitata all’importazione illegale di prodotti alimentari provenienti dalla Cina e destinati a negozi etnici.

    Crollano i consumi. Dal convegno "Milk in progress" è emerso un dato che indica un cambiamento radicale nelle abitudini alimentari degli italiani: beviamo sempre meno latte fresco e siamo caduti agli ultimi posti nella classifica europea che vede inglesi, tedeschi, francesi e austriaci primeggiare con un consumo quasi doppio. Da qualche anno si preferiscono yogurt e probiotici (il 40% del mercato), formaggi freschi e molli, facili da utilizzare. Ai minimi storici l’acquisto del burro, reggono a fatica i DOP (come parmigiano, grana, mozzarella di bufala, gorgonzola). Il consumo procapite di latte alimentare si attesta mediamente attorno a 61 litri l’anno, il consumo dei formaggi è di circa 23 kg all’anno e quello di burro solo 3 kg, con una tendenza alla flessione già registrata negli ultimi anni. Secondo dati di Assolatte, il 60% del latte acquistato è a lunga conservazione, mentre solo il 40% è fresco e a media conservazione. Il mercato risente dunque del diverso stile di vita degli italiani che fanno sempre meno colazione a casa, scelgono di riempire la dispensa con latte che si conserva più a lungo, mentre i bambini preferiscono succhi di frutta e merendine, mentre la popolazione immigrata conserva le abitudini alimentari del paese d'origine.

    Aumentano i prezzi. Le abitudini cambiano e i prezzi lievitano. Un litro di latte fresco pastorizzato Alta Qualità in bottiglia di plastica da un litro costa in media 1,50/1,60 euro, mentre un cartone di latte a lunga conservazione UHT varia da 50 centesimi a 1 euro in meno. Perché? "Il prezzo del latte italiano alla stalla è di 36 centesimi di euro/kg, tra i più alti d’Europa - spiega Claudio Federici, responsabile analisi di mercato dell'Ismea - questo significa che l’Italia non può essere competitiva con i prezzi. Quasi la metà del patrimonio bovino da latte è concentrato in un numero esiguo di allevamenti, a questo si aggiunge un’industria della trasformazione sempre più sofisticata e alla ricerca del prodotto di nicchia. Ne consegue un sistema filiera di valore ma spezzettato, fin troppo fragile per i mercati dei paesi oceanici e dell’America latina”.

    Etichette poco chiare. "L'etichetta del latte è troppo complessa per un consumatore che non sia esperto in materia di nutrizione, magari frettoloso, che non disdegna il risparmio e che nello scaffale del supermercato si trova a dover scegliere tra cinque-sette o più tipologie di uno stesso prodotto”, afferma Franca Braga di Altroconsumo. “L’etichetta ideale non c’è, potrebbe essere quella che mette il consumatore nella condizione di scegliere consapevolmente ma l’offerta eccessivamente variegata disorienta, i prezzi sono sempre più alti e tanto diversi, le nformazioni sul prodotto arrivano solo se c’è uno scandalo. Sarebbe bello fare quello che chiede di più la gente: informare in modo chiaro, semplice e trasparente”.
     
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